Avvocato (non) affascinante cerca donna sola da corteggiare e riempire di bugie
Una madre single, una badante immigrata e una moglie in cerca di evasione conoscono lo stesso uomo. Tra tuguri in subaffitto, case di riposo e bar della periferia di Tel Aviv nessuno è quello che sembra
Nel nuovo romanzo di Dror Mishani, che si intitola lapidariamente Tre, ed è pubblicato in italiano dalle edizioni e/o nella traduzione di Alessandra Shomroni, c’è un grande assente, come nella migliore tradizione del giallo: è la figura di Abraham Abraham, il goffo ma tremendamente intuitivo ispettore protagonista dei libri precedenti di questo autore israeliano classe 1975 dalla prosa nitida e coerente, che si fa leggere tutta d’un fiato o quasi. Le pause d’obbligo, nei suoi libri, sono risvolti psicologici, dettagli marginali e quadri d’ambiente che, se spezzano l’incalzare degli eventi, risultano sempre essenziali e carichi di significati da scoprire passo a passo.
In Tre non c’è l’ispettore dal nome palindromo, e in realtà non pare esserci nulla che assomigli a una crime story fin quasi alla fine. Non che manchino i crimes, anche se di tutto questo è meglio tacere per non rovinare tutto o quasi ai futuri lettori, ma il contesto appare per gran parte del romanzo diverso.
C’è un avvocato – forse avvocato – non bello né affascinante, con una vita familiare, forse regolare o forse no, che s’imbarca in avventure sentimentali che non sembrano avere proprio nulla di avventuroso: pesca donne né brutte né belle né giovani né vecchie grazie a una app per appuntamenti alla cieca, quando non finge di essere travolto dalla passione per una disgraziata badante lituana sola al mondo, povera in canna e anche un poco stordita.
Raccontandoci la storia di Ghil, Orna ed Emilia, Mishani entra nelle loro case, nelle loro vite. Tutto si svolge ai margini della bolla urbana di Tel Aviv, in quella periferia allargata che si chiama Bat Yam, Ghivatayim, Holon: luoghi che sono e non sono città. Gli interni sono appartamenti borghesi, tuguri in subaffitto, caffè con le vetrine appannate dall’umidità, case di riposo per anziani.
Ma dietro questi quadri d’insieme, interni di case con famiglie piene di apparente normalità, tutti i protagonisti, e non solo l’avvocato (forse, avvocato…) che è il perno della storia, tutti rivelano dei lati oscuri, che a poco a poco innescano nel lettore una perplessità costante, che lo accompagnerà sino alla fine. È questa certamente una delle doti del libro, forse la più grande: il dubbio che serpeggia sempre, che ti fa dire ad ogni paragrafo, ad ogni scambio di battute fra i personaggi: «ma sarà davvero così?». È questo che tiene attaccati alla pagina, in cerca di una soluzione, di una chiarezza che non c’è nella storia, così come in fondo non esiste neanche nella vita, quasi mai.
Fatto sta che Ghil, avvocato di quasi mezza età, tutto sommato non attraente né brillante, conosce delle donne, le corteggia con strana assiduità, anche se i due restano sempre profondamente estranei l’uno all’altra, e poi…
Intorno a lui ci sono i suoi anziani genitori, e il padre Nachum è forse la figura più umana e toccante del libro, c’è Emilia, una povera donna sola al mondo che in questa storia riceve un pizzico di calore giusto da Nachum, nei brevi momenti in cui l’anziano e la badante si tengono per mano, e da padre Tadeusz, il prete della chiesa filippina di Giaffa. Personaggio non poco misterioso pure lui.
E poi c’è Orna, che ha un bambino, si è separata malamente da poco, ed è piuttosto sola pure lei. Anche se di Orna nel romanzo ce ne sono due, ma parlare di entrambe svelerebbe troppo e sarebbe un’ingiustizia privare il lettore di quella suspense pacata, piena di interrogativi, che lo accompagna lungo tutto il libro.
Dror Mishani conferma ancora una volta le sue doti di scrittore. E se nel panorama letterario di Israele la crime story non spicca di certo, è pur vero che Mishani la sa declinare con originalità, creando vicende intriganti sempre bene incastonate nella realtà del paese, soffermandosi negli ambienti domestici, delineando con precisione ma senza troppo indulgere i caratteri dei suoi personaggi, tratteggiando insomma storie sempre tanto credibili quando un poco «disturbanti». Sono storie di gente comune, con la giusta misura di lato oscuro e il puntuale deus ex machina che risolve l’enigma, lasciando tuttavia il suo lettore più carico di dubbi di prima. Il che in fondo è cosa sana, sia in letteratura che nella vita.