Quattro decenni della nostra storia, dalle bombe del '43 su San Lorenzo agli anni Novanta, ripercorsi attraverso il (bel) personaggio di Tullia, donna forte e ribelle: abituata a lavorare per quattro e a non chiedere mai “niente per lei”. Figura di cui avremmo grande bisogno, soprattutto in tempi come questi
È un bell’esordio che parla (anche) di noi, della nostra storia e di Roma il primo romanzo di Laura Mancini, copywriter ed esperta di comunicazione, appena pubblicato dalle edizioni e/o. Attraverso il personaggio di Tullia, donna forte, ribelle, abituata a lavorare per quattro e a non chiedere mai “niente per lei” (come recita l’azzeccatissimo titolo del libro), l’autrice ripercorre – e noi con lei – quattro decenni della storia d’Italia, dalle bombe che cadono sul quartiere di San Lorenzo nel 1943, con cui si apre il racconto con la protagonista e i suoi fratelli bambini rifugiati in un ricovero mentre la loro casa crolla, agli anni Novanta quando, diventata nonna, incontra per la prima volta il nipotino Angelo e sotterra al Verano la madre amata e odiata allo stesso tempo.
Sono infatti questi i punti centrali intorno a cui ruota abilmente il romanzo: il rapporto complesso e contrastato di Tullia con Rosa, la madre cattiva e malata (finirà internata al manicomio di Santa Maria della Pietà) da cui si allontana ancora adolescente in cerca di riscatto da una condizione di miseria e sfruttamento: «Ci aveva servito un’infanzia rancida come una zuppa stracotta e poi lasciata ammuffire, non avrei ricompensato la noncuranza con la tenerezza». E quello non meno problematico con la figlia Marzia, bambina «senza padre» e poi ragazza sempre più sfuggente.
L’altra protagonista del romanzo, fulcro intorno a cui si muove la vita di Tullia, è la città di Roma che, di quartiere in quartiere, viene citata nei titoli di ciascun capitolo: da San Lorenzo appunto a Prati, dal Quadraro a piazza Vittorio, da Trastevere a Portonaccio. «Quelli eravamo noi, la gente di Roma, con il gusto dell’esilarante e una fame nera» racconta Tullia. O ancora «Roma mi appariva nel suo volto più crudo. Una matrigna sempre identica, polverosa, accroccata, capace solo di respingere i suoi figliocci lungo strade luride e affollate... Roma era troppo sporca e vorace, io troppo schiva e selvaggia»: come se in tanti anni la città non fosse cambiata affatto.
E tanto più attuale risulta allora l’omaggio che con questo libro l’autrice fa alla sua città natale: Laura Mancini è nata a Roma nel 1985. Sullo sfondo della città che cresce e si trasforma (anche se non troppo) Tullia – Tutù per i suoi fratelli e per la madre nei pochi sprazzi di tenerezza – resta una testimone laterale del Novecento, che attraversa prima come piccola venditrice ambulante e da operaia poi, tra lotte sindacali e rivoluzioni culturali.