VEIT HEINICHEN, LO SCRITTORE TEDESCO CHE AMBIENTA I SUOI GIALLI NEL NORDEST ITALIANO, LANCIA UNA NUOVA INVESTIGATRICE. CHE SULLA COSTA GIULIANA LOTTA CONTRO IL CRIMINE SENZA FRONTIERE. INTERVISTA
di Raffaele Oriani
TRIESTE. A Grado, nell’estremo Nordest, si va con i bimbi perché c’è la spiaggia, il sole, le piste ciclabili, un paesino da sogno. Ma soprattutto perché non accade mai nulla. Un po’ come a Trieste, dove, prima che arrivasse Veit Heinichen i verbi d’azione si coniugavano tutti al passato. Con le funamboliche inchieste del commissario Proteo Laurenti, il giallista tedesco ha ormai trasformato il capoluogo giuliano nell’epicentro di una trama di intrighi internazionali che dal Novecento si allunga fino ai giorni nostri.
Dallo studio immerso tra i vigneti del Carso, Heinichen punta ora la sua macchina narrativa su acque ancora più chete: al centro di Borderless, pubblicato qualche mese fa in Germania, ora in traduzione italiana, non c’è più lo stagionato commissario Laurenti della Questura di Trieste, ma la giovane Xenia Zannier del commissariato di Grado. Dove altri vedono la sonnacchiosa marginalità di provincia, i romanzi di Heinichen annusano l’inquietante potenzialità del confine: anche in quest’ultimo noir costato dieci anni di lavoro e tredici riscritture, ci muoviamo in terre plurilingui, plurietniche, lontane da Roma ma vicine al cuore d’Europa. È la magia del limes virata in chiave rigorosamente dark: «Per capire da dove nascono i miei romanzi, si affacci alla finestra» sollecita lo scrittore cresciuto in Foresta Nera ma ormai triestino d’ adozione. «A ovest c’è Grado, a est la prima punta è slovena, la seconda croata, a nord quando è bel tempo vedo le cime austriache».
Heinichen, che il 4 marzo sarà ospite dello Zacapa Noir Festival a Milano, dice che «Borderless è un romanzo complesso, spero non complicato». Inutile dare un’idea della trama: basti dire che un coscienzioso agente segreto tedesco, in combutta con una senatrice italiana, attiva un temibile funzionario croato per sostituire un carico di migranti in arrivo nel porto di Trieste con un carico di armi in partenza verso la guerra siriana. Il tutto in nome dei vecchi tempi, quando si organizzavano traffici d’armi tra Germania, Slovenia e Croazia con destinazione il conflitto bosniaco: «Nessuno è innocente» dice Heinichen. «Dietro ogni conflitto c’è una scia di interessi che coinvolge molti più attori di quelli che stanno sulla scena». E gli attori si passano il testimone di conflitto in conflitto, sfruttando e nutrendo un meccanismo perfettamente oliato per agire sottotraccia: «All’inizio degli anni Novanta, la Germania punta tutto sulla dissoluzione della Jugoslavia» continua Heinichen. «Il nostro ministro degli Esteri Hans-Dietrich Genscher recapita ai servizi segreti croati 800 milioni di marchi, circa mezzo miliardo di euro attuali, un anno prima della stessa dichiarazione d’indipendenza di Zagabria».
È il fascino straniante dei romanzi di Heinichen: la fiction criminale corteggia la verità storica, i personaggi di fantasia seguono canovacci reali, la morale è cupa ma l’iter per arrivarci irresistibile come un film di James Bond. Solo che qui, in questo ultimo libro, il protagonista non è un agente onnipotente di Sua Maestà Britannica ma una commissaria sempre a rischio trasferimento della Repubblica Italiana: «Xenia Zannier ora lavora a Grado, ma è talmente tosta che la vedrei bene a indagare quasi ovunque».
IL PASSATO CHE TORNA
In frontespizio Heinichen riporta il classico «ogni riferimento a persone vive o defunte è puramente casuale». A voce ci tiene a chiarire che l’avvertenza riguarda i personaggi, non i fatti: «Sono uno scrittore non un magistrato» aggiunge. «Non devo giudicare né condannare nessuno, ma prima di scrivere un romanzo mi documento a fondo, questa volta ho fatto ricerche fino al confine turco-siriano». Con i suoi romanzi sa di presidiare uno snodo delicato del nostro continente: «Siamo al centro del Mediterraneo e al centro d’Europa» dice indicando l’orizzonte largo del Golfo. «Durante la guerra fredda il confine orientale pullulava di agenti segreti di entrambi i blocchi, e oggi sta tornando al centro della geografia economica del continente». E dove crescono gli interessi, crescono le zone d’ombra che richiedono ricerche, indagini, al limite romanzi: «Tutti riconoscono il peso delle cordate internazionali del crimine» sorride Heinichen. «Tutti tranne i tedeschi, che si credono immuni da ogni deviazione». Effettivamente fa specie che un agente tedesco tutt’altro che infedele alle direttive della Cancelliera attraversi i confini per portare mazzette, smistare migranti, spedire casse di armi: «In Germania mi rimproverano di mettere in cattiva luce il mio Paese, ma il crimine è dappertutto: l’unica differenza è che in Italia emerge perché l’indipendenza della magistratura viene presa sul serio, in Germania no perché la ragion di Stato ha sempre la meglio sulle esigenze della giustizia». È anche per queste ruvide verità in un mare di avventure che una vecchia firma del giornalismo tedesco dopo aver letto Borderless ha commentato con una sola parola: Finalmente!
Heinichen e i suoi personaggi procedono per carotaggi temporali. Dietro ogni magagna del presente c’è un buco nero della storia. Sembrava spento, ma emana ancora la sua energia negativa: «Non mi interessano le istantanee, ma solo i racconti che registrano il peso del passato». Nei gialli su Trieste era soprattutto la voragine della Seconda guerra mondiale, in quest’ultimo romanzo è il conflitto dei Balcani o addirittura lo scoppio della Prima guerra mondiale che i protagonisti sono chiamati a commemorare: «Nulla di peggio delle celebrazioni cui abbiamo assistito nel 2014: delle guerre andrebbe festeggiata la fine, non l’inizio!». Ma il futuro? Cosa riserva al cuore meticcio d’Europa? «Prendo spesso l’aereo, e fino a qualche anno fa in aeroporto ci conoscevamo tutti: io, Claudio Magris e Boris Pahor» ride Heinichen. «Oggi invece sono sempre circondato da facce di sconosciuti: buon segno, chissà cosa nascondono».