Si mormora da un po' di tempo che la letteratura noir sia in crisi. I detrattori di sempre ne stanno festeggiando la dipartita. In altre pagine culturali qualcuno riconosce il valore dello sguardo sulla società degli autori crime ma teorizza un passaggio di testimone al romanzo famigliare. In realtà, osservando il mercato editoriale a livello locale e internazionale, il genere sembra godere di ottima salute. La cara vecchia Agatha e il belga Georges continuano a vendere un numero impressionante di copie, giusto per rimanere nel campo dei classici. D'altronde non è nemmeno ipotizzabile che lettori abituati a divertirsi e a rilassarsi con la "letteratura da pendolari" come è stata più volte definita, rinuncino ad appassionarsi all'eterna lotta tra bene e male. Però è altrettanto vero, soprattutto in Europa, che un certo malcontento serpeggia sia a livello di lettori che di critica. I primi si dicono sconcertati di fronte al continuo fiorire di investigatori che troppo spesso assomigliano a quelli che si sono già conquistati un posto in prima fila. Un meccanismo non certo virtuoso che sviluppa inevitabilmente un eccesso di "già letto". E di "già visto" dato lo scambio trasversale tra letteratura, cinema e serie televisive.
Lamentela legittima ma di non facile soluzione. La solidità del mercato è tale che, per lungo tempo ancora, le case editrici tenderanno automaticamente a spalancare le porte anche alla ripetitività dei modelli. Questo non significa affatto che verranno sbattute in faccia al "nuovo" nel senso di ricerca e sperimentazione ma temo che, rispetto al passato, faranno fatica ad affermarsi. Dal fronte della critica l'analisi più interessante riguarda il ruolo della letteratura in generale, giudicata ancora profondamente legata al pensiero critico novecentesco, che oggi sembra non avere più senso di fronte alla vera emergenza e cioè quella ambientale. Le catastrofi stanno lentamente portando il pianeta al collasso e per la prima volta si prospetta l'idea di assenza di posterità.
L'umanità intera si sta sottoponendo a un esperimento sui propri limiti di specie a cui le lettere e la cultura attuale assistono impotenti dalle barricate della testimonianza e della denuncia. Quando invece dovrebbero essere in grado di ricollocare i saperi umanistici in una posizione cruciale nel mondo contemporaneo per contribuire a creare strutture di pensiero e di giudizio che agiscano come cor rettivi.
Cosa c'entrano i "gialli" in tutto questo? A mio avviso questa analisi merita un approfondimento. Uno dei vanti del genere è di aver raccontato con puntualità il delirio distruttivo della criminalità globalizzata e delle culture mafiose nei confronti dei territori e della salute delle comunità. Traffico di rifiuti, sofisticazione alimentare, farmaceutica, deforestazione selvaggia e molto altro ancora, mettendo in evidenza la permeabilità dell'economia legale ai proventi di quella illegale. Ma forse, senza volerlo, è stata suggerita l'impossibilità di sottrarsi a quelle forme di potere e dominio criminale, come se non fosse contemplata la possibilità di un riscatto. E prima ancora di antagonismo, di conflitto che non possono essere non contemplati in un'ottica di salvaguardia del pianeta. Ritengo che questo sia un aspetto sul quale non si possa continuare a seminare ambiguità.
Per diversi anni, e a ragione, il noir ha rivendicato il ruolo di osservatore privilegiato della realtà. Almeno fino a quando la velocità e la complessità delle trasformazioni sociali hanno imposto un allargamento di orizzonti a ogni forma possibile di narrativa. E la conseguente necessità di rivedere codici e linguaggi, un processo che ha già coinvolto molti autori ma che non si è ancora concretizzato in termini di dibattito e di confronto.
Nonostante le difficoltà e le prospettive apocalittiche, ritengo che questo sia un momento esaltante per gli scrittori che intendono accettare la sfida di riconsiderare le proprie convinzioni e abbandonare territori sicuri e consolidati. Il noir, il crime, (ormai le definizioni non hanno più senso e possiamo tranquillamente parlare di romanzi a sfondo criminale) offrono la possibilità di esplorare aspetti inediti e di grande spessore narrativo. Senza rinnegare il passato, ovviamente e continuando a coinvolgere i personaggi seriali. In alcune fasce di lettori si sta diffondendo la convinzione che ormai non ci sia più nulla da scoprire e che il romanzo debba usare la lente d'ingrandimento del crimine per osservare e raccontare aspetti più intimi e quotidiani della vita delle persone.
Da un lato penso che non sia cosi vero che il romanzo/inchiesta abbia perduto senso e ruolo. La verità è siamo cosi assediati dalle notizie che crediamo di sapere. Dall'altro penso che l'illegalità diffusa di cui è affetto il Paese sia sempre meno tollerata. E non mi riferisco a quella fasulla e brandita come un'arma da certi partiti ma quella che incide nella quotidianità delle persone privandola di diritti e servizi. Credo che il futuro rappresenti una grande opportunità. E noi ci saremo. Come sempre.