Ecco il libro di un’esordiente che merita di essere letta: si chiama Viola Di Grado, ha 23 anni ma questo romanzo lo ha scritto a 21, è catanese, ha viaggiato in Cina e Giappone e ora studia lingue orientali a Londra. La premessa biografica è d’obbligo, perché Camelia, la protagonista di Settanta acrilico trenta lana, ha alcuni tratti in comune con la scrittrice: vive ad esempio a Leeds, città dove la Di Grado ha fatto l’Erasmus, e «dove l’inverno è cominciato da così tanto tempo che nessuno è abbastanza vecchio da aver visto cosa c’era prima». Camelia vive con sua madre un’esistenza infelice dopo che il padre è morto in un incidente d’auto mentre era con l’amante: povertà, mutismo, ossessioni come quella di fotografare i buchi del tavolo scandiscono le loro giornate. Poi arriva Wen, insegnante di cinese della ragazza, e qualcosa cambia. Non immaginatevi una storia d’amore. Viola Di Grado è, come recita la fascetta dell’editore, una scrittrice «dark come Amélie Nothomb e letteraria come Elena Ferrante». Wen però ha il merito, grazie all’insegnamento degli ideogrammi cinesi, di fare tornare la madre a parlare e a esprimersi. Camelia ama Wen, non contraccambiata mentre la madre di Camelia conosce un nuovo amore ma uno scherzo del destino glielo porta via. Non c’è felicità a Leeds, la vita è fatta di un inverno acrilico come gli abiti che Camelia si diverte a confezionare. Di tutto questo romanzo rimane al lettore la grande capacità stilistica che l’autrice dimostra nonostante la giovane età.