Vennero a prenderlo alle 8 di sera. I Carabinieri bussarono a casa mentre padre e figlio erano a tavola, nel solito quasi totale silenzio, con la difficoltà qualche volta di sopportarsi e l’accenno a un gesto d’affetto da parte del genitore. Lo arrestarono all’ora di cena il sequestratore di bambine, l’insospettabile criminale, lo stimato professionista, il papà di Luca.
Ossigeno è un romanzo che non si dimentica. Quando si comincia non si lascia più, né ti abbandona l’inquietudine che Sacha Naspini riesce a comunicare con un periodare secco, una prosa sorprendente, efficace, convinta, che lega i lettori alle pagine del romanzo pubblicato a settembre 2019 dalle dizioni e/o (collana dal Mondo/Autori italiani, 224 pagine, 16 euro).
È del mestiere, Naspini, grossetano da poco ultra quarantenne. Editor e art director per diverse realtà editoriali, vanta numerosi titoli all’attivo. Il precedente è stato Case del malcontento, sempre e/o, 2018. Scrive anche per il cinema e in qualche modo il nuovo romanzo è felicemente cinematografico, con quelle frasi staccate, come un’inquadratura rapida, un fotogramma intenso dopo l’altro (una tecnica di montaggio che quelli bravi chiamano flash cut).
Luca, il figlio del mostro in cravatta, voleva fare il pilota d’aereo da ragazzino. Lo pensa quando il padre è appena stato portato via e di fatto l’insigne antropologo scompare dal romanzo, resta un’ombra, pesante soprattutto per quanto aveva fatto e continuato a fare, all’insaputa di tutti.
Sparisce e basta: un attimo prima consumava il pasto, quello dopo la casa è vuota, a parte i Carabinieri che aprono cassetti, rivoltano materassi, staccano le cornici per controllare dietro i quadri e le foto di famiglia.
Il professor Carlo Maria Balestri è accusato di rapimento, tortura, omicidio e occultamento di cadavere. “Teneva le ragazzine in un container”, scrive Naspini, realizzando un altro dei suoi improvvisi strappi narrativi. “Il punto non è che mio padre è mio padre, il punto è che sono suo figlio”.
L’attenzione vira su Luca, sull’impossibilità di accettare il male commesso tanto a lungo dal padre, un buco nero nel racconto. Il conflitto psicologico in testa al ragazzo tiene alta la tensione. Il professore ha 59 anni, lui 27 e vuole conoscere i motivi della devianza, della condotta clandestina tanto riprovevole di un professionista noto, al di sopra di ogni sospetto, vedovo. “Quando Amanda è sparita, avevo solo sei anni”, riflette Luca. Non sapeva niente di quella bambina della stessa età, chiusa in una scatola buia, che col caldo doveva trasformarsi in forno. Una catena al collo, il letto saldato al pavimento, il tanfo delle deiezioni. Claustrofobia.
Laura è sparita nel 1992, il 12 agosto, ad appena 8 anni. Ne ha 22, nel 2013, quando viene ritrovata per caso, quando viene salvata.
Quattordici anni segregata in un container d’acciaio, provate a immaginare se potete.
Stando alle indagini, i sequestri di cui ci sono tracce risultano tre, ma il sospetto è che siano almeno il doppio. A parte Laura - non ha subito violenza di natura sessuale - non sono stati ritrovati corpi di altre bambine.
Laura ora ci sta provando.
Anche la ragazza diventa protagonista del romanzo. Luca la pedina, la spia. Trascorrono cinque anni, lei fa di tutto per vivere una vita normale, ha un gruppo di amici, s’impegna nello studio il più possibile, ha pure un fidanzato. Ma ci sono momenti in mezzo alla folla, nei locali, tra la gente, che Laura si spegne. Nessuno se ne accorge, preso dalle sigarette da aspirare, dai bicchieri da reggere, dalle birra da consumare. All’improvviso si ritira in sé stessa, ci si chiude, si spranga in un incubo di metallo. Entra in una condizione di vita sospesa. Le potrebbero spegnere una cicca sulla pelle, non se ne accorgerebbe.
Solo Luca riesce a cogliere quei momenti. È l’unico a comprenderla, seguendola costantemente, a capire i suoi stati d’animo e paga anche lui un prezzo.
Il giorno in cui hanno liberato lei hanno richiuso me.
L’ossessione del male commesso dal genitore gli ha tolto il respiro, la vita. Da cinque anni quella ex reclusa senza un perché è la sua “vacanza”, una “boccata d’ossigeno” che gli concede ristoro e soddisfa un bisogno intimo: sentire di non essere solo.
Luca vive una realtà diversa, Laura deve imparare ad affrontare una vita che ha conosciuto tardi. Intorno a loro tutto è cambiato. La ragazza lo ha lasciato, la mamma di Laura ha davanti a sé una straziante estranea.
Non si cerchi lo sviluppo giallo, in Ossigeno. Se il colpevole è chiaro, qual è il movente? Un esperimento? Cavie in un laboratorio? Una radicata perversione? Eppure le frequentava, assicurava loro il necessario per sopravvivere. Provava rimorso? Come poteva tollerare i sensi di colpa?