Due minuti. Il 7 gennaio 2015 in due minuti si è consumata la tragedia di Charlie Hebdo. Per tutto il mondo la disgrazia è finita in due minuti ma per lui Philippe Lancon, sopravvissuto alla sparatoria, la tragedia era appena iniziata. Denti e mandibola non esistono più ma subito non se ne rende conto perché ancora disteso a far finta di essere morto. Philippe non conosce il volto degli assassini, i suoi unici ricordi sono dei pantaloni neri che camminano nella stanza e il cervello che fuoriesce dal cranio del suo amico. Non ha ancora versato una lacrima e nemmeno detto una parola, viene fatto passare sopra i copri dei suoi colleghi morti e portato in ospedale. Philippe non ha mai perso la lucidità è sarà lui stesso a chiedere che venga avvisata subito la sua famiglia che lui è vivo e che per lui l’infermo è finito. Così crede, ancora non sa che ciò che succederà dal giorno dopo sarà ancora peggio di quanto ha vissuto. Vivere con la scorta fuori dalla stanza dell’ospedale, i numerosi interventi e le continue infezioni, le poche visite permesse ma più di tutti la paura. Paura per ciò che è successo ma ancora di più per i giorni che lo aspettano. Il viso in un modo o nell’altro si sistemerà ma la sua vita non sarà mai più quella di prima. Un romanzo doloroso, la storia di una vita che cambia senza volevo. L’autore ripercorre in modo abbastanza veloce la strage di cui è superstite perché per lui il vero infermo è il dopo. L’uso e l’abuso della morfina per il dolore fisico e per stordire i pensieri che invadono la sua mente. Ricordi del passato misti al presente, pensieri confusi e a volte sconnessi. Rialzarsi e ricominciare a vivere dopo un attacco terroristico per l’autore è difficilissimo a volte quasi impossibile e nei momenti più dolorosi persino il rimpianto di non essere morto anche lui quel giorno. Scritto al presente rende viva ogni immagine e sensazione, esprime perfettamente la lentezza del tempo che si dilata durante la sofferenza e la velocità con cui scorre quando il fisico gli permette di uscire dall’ospedale. Tanto affascinante quanto spaventoso questo romanzo riflette anche sulla convivenza di culture diverse e di come emarginare gli immigrati spesso faccia più danni che integrarli. L’autore non giudica e non giustifica, non prova odio o disprezzo, la sua riflessione va oltre la religione e la politica. Non cerca colpe o colpevoli, vittime o innocenti, semplicemente racconta la sua storia, la storia di un uomo che non è morto ma che non è nemmeno vivo, la storia di un uomo che cerca a tutti i costi di sopravvivere. Gli incubi non mancano ma quelli per l’autore non mancheranno mai più.