Ho un ricordo netto, fra i primi della mia vita: “Non ti puoi fidare dei grandi”. Lo pensai quando, per l’ennesima volta, li sentii parlare di me, in mia presenza, come se io non fossi lì.
Oggi, da adulta, mi impongo di non fare la stessa cosa con mia figlia. Ma non è facile. Certe cose, è vero, le capisci solo quando diventi grande, quando impari tutte quelle regole non scritte e non dette che regolano la vita degli adulti.
Per questo, mentre leggevo La vita bugiarda degli adulti, nuovo romanzo di Elena Ferrante, e vedevo Giovanna camminare sul confine non tracciato ma esistente tra infanzia ed età adulta, ho rivissuto quelle contraddizioni che anche io mi porto dentro, quando la me di oggi e quella di tanti anni fa si incontrano e si confrontano.
Ecco la trama e la recensione del romanzo tanto atteso, che segna il ritorno in libreria dall’autrice che, con L’amica geniale, ha creato un caso editoriale apprezzato in tutto il mondo.
Tutto inizia con una frase. Un paragone che ferisce Giovanna nel profondo, in un’età in cui ogni parola può pesare come un macigno. “Sta facendo la faccia di Vittoria” dice il padre, pensando di non essere sentito dalla figlia. In un momento di cambiamento, Giovanna sta diventando estranea all’idea che di lei i genitori si sono costruiti, e così il padre si lascia andare a questa constatazione. Vittoria è la zia di Giovanna, una specie di Innominabile partenopeo che incarna un modo di vivere da cui la famiglia cerca di allontanarsi.
Il padre e la madre di Giovanna fanno dei libri, della cultura, delle riflessioni politiche il sapone con cui si lavano via il rione, l’ignoranza, le chiacchiere di ballatoio. Ma ci sono cose che il più forte dei detergenti non può lavare via: quella polvere che, anche se la spingi sotto il tappeto, forma una montagnetta su cui poi inciampi, e così le bugie, i tradimenti, le cattiverie vengono svelate e mostrano che in fondo, gli adulti non sono poi così diversi da quei bambini a cui intimano di non dire bugie. Anche i grandi mentono, non si picchiano con le mani, ma si feriscono con le azioni e Giovanna lotta, pagina dopo pagina, per non essere come Vittoria, come i suoi genitori, come le sue vecchie amiche d’infanzia, come i nuovi conoscenti. Come se stessa, per come si è conosciuta e per come si sta conoscendo.
Sullo sfondo di questa ricerca di sé, un braccialetto che passa di polso in polso come simbolo di amore, tradimento, sfortuna, invidia… un oggetto che assorbe le peggiori vibrazioni dell’animo umano e sembra portare con sé solo sventura.
Un romanzo di formazione, sformazione, deformazione che riporta il lettore in quella Napoli che la Ferrante riesce a costruire con le parole, facendo emergere profumi, odori, sensazioni, percezioni.
Recensione
La Ferrante è tornata. Questo è il punto di partenza per poter parlare del nuovo libro: la sua scrittura fluida e al contempo densa, che avviluppa in frasi ben costruite ritorna in queste pagine. È un piacevole incontro, questa narrazione che stimola i sensi.
Il pregio della Ferrante, poi, è quello di avere la capacità stilistica per poter parlare di qualsiasi cosa, appassionando. Ma qui non parla di “qualsiasi cosa”, qui si cimenta con un campo minato di emozioni, spesso contrastanti: il periodo dell’adolescenza, quello in cui si cresce, si cerca di prendere la propria strada mentre tutto intorno a sé sembra prendere la forma di un labirinto disegnato da Escher. Per questo il lettore segue Giovanna ricercando in ogni suo errore, in ogni sua caduta, in ogni suo sforzo un po’ di sé, e lo ritrova; per questo Giovanna, anche quando è mossa dai sentimenti più egoistici, non ci è mai “altra”, perché ci ricorda che, in un periodo più o meno lontano, anche noi eravamo mossi da quella stessa forza distruttrice.
E poi c’è lei, Vittoria, lo spauracchio di una vita che i genitori di Giovanna hanno provato a lasciarsi alle spalle; ci sono le lotte di famiglia che spesso assumono dimensioni così grandi e falsate dai racconti da non ricordare più come siano andate in realtà le cose; ci sono le pochezze che ruotano intorno ai soldi e alle rivendicazioni più disparate. E con il suo frasario rozzo ma diretto, con i suoi scatti emotivi che vanno dall’amore alla rabbia, Vittoria ci sfugge, pagina dopo pagina. Quando si pensa di averla compresa, si comporta in un modo inaspettato che rivoluziona tutto. Insomma, uno di quei personaggi ambigui, speciali proprio per questo, perché ci ricordano che niente o nessuno è completamente buono o completamente cattivo.
La vita bugiarda degli adulti è un romanzo intenso, che graffia, infastidisce, commuove, coinvolge… ci ributta in quel caleidoscopio emotivo della crescita, senza mai lasciare indifferenti.
VOTO 9/10
Un romanzo di formazione e distruzione, che ricorda a tutti noi la fragilità del perbenisimo dietro a cui, a volte, si nascondono gli adulti.