Éric Vuillard, dopo la L’ordine del Giorno, torna a parlare dell’umanità divisa tra oppressi e oppressori nel modo in cui gli riesce meglio: raccontare il passato con il linguaggio universale del romanzo in modo da eludere i confini tracciati dal Tempo e far risuonare storie di secoli fa nella contingenza del nostro presente.
A John Wycliffe dobbiamo la traduzione della Bibbia, un atto rivoluzionario, una ribellione forse seconda solo a quella di Lucifero, ma è con l’invenzione della stampa che quella decisione avrà ripercussioni a cascata: la parola di Dio custodita, interpretata e divulgata solo sempre e comunque a discrezione della Chiesa, è alla portata dell’uomo comune. La magia più potente è sempre stata associata alla formula magica, ovvero alla parola, e chi controlla e domina la parola, domina e controlla l’uomo: è evidente dunque che per la Chiesa e i prìncipi cedere la parola di Dio significa cedere parte del loro potere.
Ne La Guerra dei Poveri siamo sul finire del 1400 e seguiamo le vicende del prete rivoluzionario Thomas Müntzer che sposò la causa dei poveri non dall’alto, da intellettuale – quale egli era in quanto membro del clero – ma da una posizione paritaria sia nella sostanza, la sua famiglia era caduta in disgrazia, che nello spirito.
E la comprensione della Parola porta inevitabilmente alla presa di coscienza: esattamente come Adamo ed Eva prendono coscienza della loro nudità dopo aver dato un morso alla mela, le masse formate da contadini, poveri, ma anche da artigiani e piccoli borghesi, prendono coscienza della loro nudità – e quindi vulnerabilità – di fronte al potere rappresentato dai nobili, dai ricchi, dai potenti tali soprattutto grazie all’oppressione esercitata sul volgo ignorante e ignaro delle faccende del mondo materiale e spirituale.
Ma ora che la Parola è alla portata di tutti la massa, i poveri, si chiede se davvero Dio ha bisogno di tanta ricchezze, ma soprattutto se ha bisogno di tanti poveri. Lo scontro che scaturisce tra chi ha tutto e chi non ha nulla, e di colpo ne ha percezione, è il conflitto che percorre ogni epoca con le sue rivoluzioni e che solo la promessa di democrazia può tentare di comporre.
Éric Vuilard in poche pagine, di nuovo, racconta la Storia come dovremmo conoscerla per superarla senza ripeterla.