Nicola Lagioia, che domani a Torino accompagnerà i lettori nell'attesa del nuovo romanzo La vita bugiarda degli adulti, con Elena Ferrante ha spesso dialogato a distanza.
Lagioia, che cosa la colpisce in particolare e quale aspetto dei suoi libri le sta più a cuore?
«Elena Ferrante riesce a conciliare molto bene complessità e leggibilità. La tetralogia dell'Amica geniale tiene conto di alcuni valori a cui Italo Calvino riteneva che la letteratura del terzo millennio avrebbe potuto ispirarsi per avere ancora una voce tra gli uomini: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, coerenza. Aggiungerei un'assenza importante: la ruffianeria».
E perché seduce così il pubblico?
«Perché i suoi romanzi non sono consolatori, ampollosi, grossolanamente ricattatori o candidamente moralisti come non poche opere ispirate solo al desiderio di successo, che peraltro a volte neanche raggiungono».
Uno dei concetti identitari di Elena Ferrante è quello della «frantumaglia», quel garbuglio, quell'interconnessione che tiene legati i personaggi per sempre, anche quando sono distanti. Che ne pensa? Ha mai provato la «frantumaglia» o c'è qualcosa di simile nella sua vit a e nei suoi libri?
«I legami a distanza sono un'antica risorsa letteraria. Basti pensare al rapporto tra Catherine e Heatcliff in Cime tempestose. Il loro dialogo continua persino oltre la morte, ma in fondo è cosi che funzioniamo anche fuori dalla letteratura: dialoghiamo continuamente con le persone che ci sono distanti e che per noi sono state o sono ancora importanti, siamo "parlati" dalle loro voci, nel nostro foro interiore le voci distanti, quelle dei vivi e quelle dei morti, riecheggiano di continuo».
Napoli. La città torna anche nel nuovo lavoro di Ferrante, La vita bugiarda degli adulti. Quanto contano nella letteratura italiana più recente, luogo e contesto? Molti testi di successo hanno come co-protagonista città, ma soprattutto i borghi e la provincia, dove la tipicità italiana è fortemente rappresentata. Piace, anche e soprattutto agli stranieri. Perché?
«La letteratura intrattiene da sempre un rapporto molto intenso con i suoi luoghi: togli a Macbeth la Scozia, al Milton di Fenoglio le Langhe, ad Achab l'oceano, a Swann Parigi, al principe di Salina la Sicilia, a Stephen Dedalus e Molly Bloom Dublino, a Raskolnikov Pietroburgo. Cosa resta?».
Cosa pensa dell'uso di dialetto, parolacce, esplosioni verbali nella letteratura e nei libri di Ferrante?
«Con la letteratura si può fare di tutto. Il romanzo è una forma onnivora, ha uno stomaco forte, può digerire dialetti, parolacce, neologismi, come sapevano molto bene Dante Alighieri e Antony Burgess. Per la porta stretta della grande lingua letteraria sono passati Pietro Aretino e San Francesco d'Assisi, il marchese De Sade e Virginia Woolf. C'è davvero posto per tutti, a patto di avere - nascendoci, o lavorandoci, meritandosela - la giusta statura».
Nei confronti del personaggio Ferrante c'è un'attenzione spasmodica. Perché oggi siamo così interessati a chi scrive più che ha quello che si scrive?
«Chi è interessato all'autore più che all'opera - o addirittura si disinteressa dell'opera a favore della biografia - non è un lettore forte, non è nemmeno un lettore debole. È un guardone. A quel punto consiglierei pornhub, facciamo prima».
Ha un nesso con questo, secondo lei, la scelta dell'anonimato? O paradossalmente non accelera invece il percorso verso la mitizzazione dello scrittore deviando così l'attenzione dal libro?
«L'anonimato è una scelta legittima, da Thomas Pynchon a Elena Ferrante. Non è un espediente. Se lo fosse, saremmo pieni di libri di anonimi che vendono milioni di copie. Evidentemente ci interessano solo scrittori di talento, che siano anonimi come Omero, misantropi come Salinger o molto felici di farsi fotografare come Truman Capote».
Perché scrive, dunque, Nicola Lagioia?
«Per scoprire (o portare in luce) qualcosa che prima non sapevo, nella speranza che sia una scoperta anche per chi legge».
Dopo La ferocia a cosa sta lavorando? C'è un nuovo romanzo in cantiere?
«Ci sarà un nuovo romanzo. Uscirà nell'autunno del 2020».-