“Quando avevo dieci anni facevo parte di un gruppo di bambini che ogni domenica venivano messi all’asta”. Sono i bambini sopravvissuti alla guerra, alla fame, alla deportazione. Tra loro c’è Joseph, ebreo, che nel pieno della Seconda guerra mondiale viene affidato alle cure di padre Pons affinché sfugga alla persecuzione.
Il luogo sicuro è Villa Gialla, “acciambellata come un gatto gigante verso la collina”, che per Joseph e altri bambini diventa scuola e casa. Gli ospiti della Villa sono giovani ebrei, orfani, o semplicemente rifugiati dalla guerra. Per non destare sospetto, tutti ricevono un cognome cristiano e imparano i riti di tale religione da Padre Pons. Che non solo salva le vite dei giovani ospiti, ma ne preserva la cultura. Nelle cripte sotto la chiesa, infatti, il prete nasconde una sinagoga: un rotolo della Torah, libri di preghiera, candelabri, musiche yiddish… Una “collezione” di un nuovo Noè pronto a salvare una religione perseguitata.
Il libro contiene pagine di riflessioni leggere come le parole di un bambino ma pesanti come macigni nel contesto della Seconda guerra mondiale. Dov’era Dio in quel momento? Perché aveva “lavorato un sacco per sei giorni, e poi non aveva fatto più niente?”. Ma allora, “qualsiasi cosa succede, Dio se ne frega?”.
E ancora, scambi di visione sulle due religioni, in cui “i cristiani sono coloro che ricordano, gli ebrei quelli che aspettano ancora”, e quindi “un cristiano è un ebreo che ha smesso di attendere, e un ebreo è un cristiano avanti Cristo”.
Fino alla promessa: “Joseph, tu farei finta di essere cristiano e io farò finta di essere ebreo”. Perché nel Belgio occupato dalle truppe naziste salvare vite e dare alloggio non basta. Un mondo intero rischia di scomparire, e padre Pons vuole preservarlo.
Una cura e una dedizione che, dopo la Seconda guerra mondiale, il prete riserverà ad altre culture perseguitate. Basta aprire le pagine di un giornale, a volte, per capire quale sarà la “nuova collezione” di padre Pons.