Aprire un romanzo di Christelle Dabos è come immergersi in un bagno caldo, pieno di soffice schiuma.
La prosa ricca, elegante, intrisa di raffinatezza francese e allo stesso tempo percorsa da un umorismo sottile, che ben si sposa con le atmosfere della città di Babel - dominata da due spiriti di famiglia, Polluce e Helena -, nella cui esplorazione seguiamo Ofelia: arca cosmopolita. ben diversa da quella su cui la nostra eroina ha trascorso gli ultimi due anni e mezzo, cattura l'attenzione dei lettori da subito.
Quali segreti nasconde? Quali misteri?
È un'Ofelia diversa, quella che seguiamo per tutte e 560 le pagine di questo terzo volume: un'Ofelia più femminile forse, o meglio, più consapevole della propria femminilità.
Una donna che accetta se stessa, pregi e difetti, e affronta le sfide sul suo cammino a testa alta, accettando in primis le proprie responsabilità.
Ofelia si reca a Babel convinta di poter trovare Thorn, due anni e mezzo dopo la sua fuga, e per farlo si finge Eulalia, lettrice di ottava generazione.
Su un'arca diversa da quella che conosce a menadito, e in una società in cui al comando ci sono automi (ricordate la tecnologia di Lazarus?) il contrasto tra antico e moderno è inevitabile: contrasto che ritroviamo per tutto il volume, e che fa da sfondo alle prove che, anche stavolta, aspettano Ofelia al varco mettendo alla prova i suoi poteri e le sue capacità.
Troverà Thorn? Per scoprirlo bisogna leggere!
Punto forte dei due volumi precedenti della saga erano le descrizioni, molto ricche. A volte, forse, anche troppo: stavolta Christelle Dabos lascia più spazio all'azione, e questo rende la lettura di La memoria di Babel più veloce nonostante la mole sia, anche stavolta, importante.
È un romanzo in cui immergersi completamente, per riemergere solo una volta raggiunta l'ultima pagina, e disperarsi perchè il prossimo volume, quarto della saga, sarà l'ultimo.
E nessuno di noi è pronto a lasciare il mondo affascinante e conturbante de L'attraversaspecchi. Non ancora.