In un libro di due anni fa, L’ordre du jour, Eric Vuillard raccontò come i grandi imprenditori tedeschi e austriaci sostennero l’arrivo al potere del regime autoritario di Adolf Hitler a Berlino e poi a Vienna. Il volume vinse il Prix Goncourt. I giurati colsero giustamente il richiamo all’attualità. Oggi lo stesso Vuillard torna nelle librerie francesi con un piccolo volume di appena 70 pagine, dedicato questa volta alle rivolte contadine nella Germania del Cinquecento.
La prosa è letteraria e accattivante, e il riferimento all’attualità altrettanto avvincente. Mentre in L’ordre du jour (pubblicato in Italia da E/O) lo scrittore e cineasta francese potè descrivere il clima psicologico degli anni Trenta, ricco di informazioni anche precise e dettagliate su alcuni incontri cruciali dell’establishment di allora, in La guerre des pauvres, Eric Vuillard deve affidarsi all’onda lunga della storia in una Germania lenta a uscire dal Medio Evo, attraversata dai conflitti di religione e dalle guerre tra principati.
Il libro racconta fatti avvenuti tra il 1524 e il 1526 quando il predicatore protestante Thomas Müntzer scatenò una rivolta contadina nel Sud del Paese. Lo sguardo del lettore non potrà non correre al movimento dei gilets jaunes in Francia. Proteste meno violente, ma altrettanto significative sono scoppiate in Italia, in Ungheria, in Spagna. Oggi come allora, sono le differenze sociali e la povertà economica la scintilla delle rivolte. Differenze anche dinanzi alla giustizia.
A Zwickau, a Praga, fino ad Allstedt, in Sassonia, Thomas Müntzer raccolse, anzi fomentò il vento della protesta contro le scelte arbitrarie dell’aristocrazia e la ricchezza ingiustificata dei prelati. Il predicatore «rifiuta le discussioni tra gli scienziati, i teologhi; l’estorismo lo disgusta», scrive l’autore. «Combatte l’Islam, il giudaismo e il paganesimo». Le caste di ieri non erano dissimili dalle élites di oggi, almeno agli occhi della kleine Leute, la piccola gente.
Nello stesso modo in cui oggi i movimenti protestari cavalcano Facebook, Twitter e Instagram, ai tempi l’invenzione della stampa aveva accelerato d’improvviso la capacità di comunicare e di aggregare le folle. C’è di più. Thomas Müntzer rinnegava il latino; scriveva, arringava, diceva messa in tedesco. Insomma coltivava il rapporto diretto con il popolo; chiamava principi e prelati «sacchi di vermi» e «sovrani miscredenti»; soprattutto scaldava i cuori citando i Salmi del Vecchio Testamento: «Le spezzerai con scettro di ferro, come vaso di argilla le frantumerai».
A immagine del pastore protestante, alcuni leader di oggi brandiscono la Bibbia nei comizi, cavalcano il principio dell’occhio per occhio e del dente per dente, si dilettano a usare espressioni popolari, soffiano sul fuoco del malumore e del risentimento, dando la parola al popolo. Prima di Eric Vuillard, a raccontare l’esperienza di Thomas Müntzer fu Friedrich Engels, nel 1850, con un libro intitolato Der deutsche Bauernkrieg (in italiano, La guerra dei contadini in Germania). Erano da poco terminati i moti liberali del 1848 e da lì a venti anni sarebbe scoppiata in Francia la Commune di Parigi. Come altri caudillos, moderni e antichi, il carismatico prete tedesco morì sul patibolo.