A Nisida? Di fronte alla regina dei Campi Flegrei, che dici?
Cosa potrei dire oltre che mi pare una proposta di infinita bellezza e carica di senso quella che mi rivolge Patrizia Rinaldi, invitata a chiacchierare di “La danza dei veleni”, il nuovo libro con cui riporta ai lettori Blanca, la detective ipovedente già protagonista di romanzi di successo e tradotti in diversi paesi, che prossimamente avrà un volto sugli schermi televisivi: “Tre, numero imperfetto”, “Blanca”, “Rosso caldo” sempre per E/O edizioni.
Di Patrizia Rinaldi avevo letto i precedenti romanzi “Ma già prima di giugno”, e “La figlia maschio”. Conosciuta e amata come pluripremiata scrittrice per ragazzi, suo è “Federico il Pazzo” (Sinnos) uno dei miei libri del cuore tra i tanti titoli che ha firmato.
Ritrovare la sua voce senza smagliature in un romanzo di genere mi ha riempita di felicità. La prima volta (almeno per me) che in un romanzo di genere la scrittura è di pari livello del plot narrativo, senza appiattirsi su un’immediatezza falsamente conciliante. Per cercare una definizione dell’incanto della voce straordinaria di Patrizia Rinaldi, mi approprio di un commento che Luca Briasco, editor e agente letterario, ha lasciato generosamente sotto un mio post su facebook dedicato a “La danza dei veleni”: la cosa straordinaria è che Patrizia è la sua voce. Un’unica bellezza.
Non avrei saputo dire meglio di così l’unicità della bellezza di Patrizia Rinaldi.
La danza dei veleni
In “La danza dei veleni” la ricchezza introspettiva dei personaggi e la felicità piena dei dialoghi hanno dato alla lettura la giusta dimensione di profondità e riflessione sul mondo che ci circonda, sulle relazioni umane e la molteplicità delle reazioni emotive.
Il piacere è venuto dalla trama, non scontata né banalizzata per far trionfare il bene e il consueto, ma strutturata su incastri perfetti e tasselli ben composti e architettati.
Domanda. Ritorni al genere dopo due romanzi de-generi come tu stessa li hai definiti. A cosa dobbiamo questo ritorno così brillante e vivido? Sono stati i personaggi seriali, a partire da Blanca, la detective ipovedente a cui hai dato vita, a richiamarti o ragioni di scrittura e di affezione al genere stesso?
Risposta. Avevo con me due storie da raccontare molto lontane dalla serie di Blanca. Forse è stato anche un azzardo, perché di solito gli episodi di una serie hanno bisogno di uscite ravvicinate, ma talvolta il desiderio di raccontare quella storia, e propria quella, è un po’ prepotente e non considera l’utile o l’opportuno.
Inoltre sento spesso il bisogno di andarmene in nuovi contesti narrativi, perciò i due romanzi de-generi, i fumetti, i romanzi per ragazzi. È una mia esigenza: se non lo faccio, mi sembra di somigliarmi troppo, oltre la decenza.
Eppure Blanca torna sempre, è un personaggio a cui sono molto legata. Certo, torna con alcuni cambiamenti, perché non la immagino sempre uguale negli anni. La vita di tutti muta, evolve, regredisce, sbaglia, progredisce di nuovo, assume nuove consapevolezze, perde pezzi, ne trova altri: anche i giorni di Blanca si comportano così. Ne “La danza dei veleni” ritroviamo pure alcune costanti. La più tenace è la volontà forte di una donna di trasformare il danno in risorsa.
Scrivere romanzi di genere è per me una sfida bellissima: anche i cliché fissi, che il racconto di genere non può trascurare, possono diventare una risorsa di ubbidienza e al contempo di trasgressione. Non addomesticare troppo il linguaggio, per esempio, è per me un richiamo a una certa ribellione. I lettori di libri di genere sono molto più sofisticati di quello che si sospetta.
Mi prenoto per la tua prossima vita. Quando torneremo sulla terra vivrò in un posto del genere con te. Non avrò troppe case diverse e tutte quelle città; non avremo inchieste, ma alberi. Ci divideremo solitudine e giorni, non sarà più tutto così difficile. C’è un albero femmina là in fondo che ti somiglia. Ha un modo di muoversi nel vento che pare il tuo. Blanca, lo so che in questa vita tu non mi vuoi come ti voglio io, ma non farò più l’idiozia di andarmene. E non per generosità, ma perché per me non cambia niente
Sono parole di Luigi Micheli, forse il personaggio che ha visto più a fondo nel cuore di Blanca.
D. Cosa la trattiene da “concedersi il lusso di somigliare all'”albero femmina”? Quelle parole sono un indizio per il lettore o solo una speranza del commissario e del suo amore non ricambiato per la detective?
R. Blanca non ha un’anima stanziale. Il suo passato non è stato facile: da ragazza, in un incidente domestico, ha perso la sorella amata e la vista. La menomazione ricorda le parti che perdiamo in conseguenza di lutti feroci. L’amore, tutto l’amore, per lei conserva quindi anche tempeste emotive, instabilità.
Luigi Micheli la conosce bene e lo sa. È capace di essere legato a Blanca comunque, riesce addirittura a immaginare le possibilità che le sono state negate dalle circostanze. Non la abbandonerà anche se non è riamato. Forse alcuni lettori possono identificarsi nei per sempre perduti di una donna che ha dovuto difendersi, che ha dovuto apparecchiare al meglio la sua solitudine.
Una trama calata nella realtà
Ai personaggi seriali, Martusciello Liguori l’indimenticabile Carità, affidi l’indagine sull’amore e sulle relazioni affettive e sentimentali, in dialoghi pieni di vita e direi di filosofia esistenziale.
Ai personaggi occasionali di “La danza dei veleni” come Roberto Giglio o la straordinaria Amaltea Ornico o ancora il diabolico Sua Signoria, per citare solo quelli che giocano un ruolo da primi attori nel plot narrativo, ma anche Viviana Federici con la sua storia che è racconto dentro il racconto, mi sembra di scorgere un attaccamento più incisivo alla realtà e all’attualità.
Ma motivo per me di fascino del tuo romanzo, che lo fa essere in un certo senso ribelle rispetto ai canoni del genere, è un’aderenza alla realtà e all’attualità sfumata e sospesa. Poche pennellate, brevi quanto acute riflessioni sui nostri mali attuali, accanto al desiderio preponderante di raccontare ciò che è dentro di noi più ancora che ciò che è fuori.
La realtà è viva e presente nelle tue pagine ma sempre intimamente vissuta dai comportamenti e dalle reazioni dei personaggi. Non un racconto in oggettiva come spesso avviene nei gialli, ma un racconto in soggettiva, quella molteplice e varia dei diversi personaggi, che lo rende un romanzo di indagine in senso lato e universale.
D. Qual è l’attualità di “La danza dei veleni”?
R. Non amo raccontare in maniera iperrealista, e sono felice che tu abbia colto questa mia esigenza. Grazie.
Tuttavia credo pure che non possiamo più evitare di leggere l’attualità, di schierarci. Ogni essere vivente non può essere sottomesso a gerarchie nefaste di nessun tipo: il recente passato è un monito imprescindibile. E non è vero che chi si occupa di lotte ambientaliste operi una discriminazione nei confronti degli uomini, o che sia un idealista da sbeffeggiare.
Questa dicotomia è strumentale, inutile. Distrae. Sono partita da un dato criminale che mi ha raccontato un veterinario di periferia, impegnato in lotte ambientaliste e nella tutela di animali selvatici e domestici. Il traffico illegale di animali procura ricavi impensabili.
Il contrabbando di esseri viventi, tutti, può avere tante facce, ma gli unici beneficiari restano gli individui che non si fanno scrupoli di lucrare sul dolore di chi non ha possibilità di difesa, di chi, per questioni di caso e non di altro, nasce con una vita difficile addosso.
Non è un caso che una delle più stringenti e stridenti riflessioni sull’attualità sia un colloquio di Blanca con il cane Guaio, il ritrovamento del quale da parte di Niní, la figlia adottiva di Blanca con la sua storia di soprusi e violenze, e Sergio dà inizio al caso che si indaga in “La danza dei veleni”:
Cani, bambini, femmine e maschi ammassati dentro alla disgrazia. E chi ha il potere di decidere, cioè chi possiede l’oro zecchino, ché ormai quasi tutti i governatori sono solo esecutori materiali, accarezza la parte peggiore dell’uomo pur di avere consenso: la protezione della roba e la paura dell’estraneo che non ha il sangue nostro, che non ha il sentimento nostro, inevitabilmente migliore, che non ha avuto la nostra nascita. Come se la nascita non fosse uno sputo a caso dentro il calderone del mondo creato. Come se ci fosse merito di corona reale a nascere intero, integro e possibilmente grasso. Così il diadema brilla di chissà quali sicurezze e la vergogna si va a nascondere, perché se comparisse forse si metterebbe urlare: “Ma tu non provi mai imbarazzo a proclamare virtù il caso fetido che ti ha voluto partorire qua e non là, senza panni o con più panni che corpo?”. Perciò Guaio, tu non lo sai, ma ti porti con te tutto questo e io non voglio esserti fedele, perché ho un carattere insidioso che può pure ammazzare per difendere una promessa. Può ammazzare soprattutto me, e per il momento non me lo posso permettere, non posso più essere fedele all’amore e al tentativo spasmodico di mettere a posto questi pezzi di me che insieme fanno solitudine. Io non posso promettere più.
Però una promessa di amore Blanca l’ha fatta e la mantiene ed è verso Niní, per lei accetta Guaio in casa ed è per lei che deve “guarire”.
D. Niní come anche Viviana Federici è lo schiaffo bello della giovinezza alla vita, che deve tornare a splendere e non si arrende mai, e Sofia Rago? La giovinezza può essere sfacciata, nel bene e nel male. Sofia Rago rappresenta l’altra faccia della medaglia?
R. Ninì è figlia. A lei Blanca ha promesso tutto, anche prima di ottenere l’adozione. Nonostante gli errori di ogni madre, farà l’impossibile per rispettare la sua promessa.
Dobbiamo ai figli, ai ragazzi, la responsabilità della speranza. Grazie a loro possiamo imparare di nuovo a sperare, quando la vita ci offende. Sofia Rago rappresenta chi, ritenendo la furbizia un pregio, fa di tutto per prevaricare, per raggiungere gli obiettivi prefissati. Non indietreggia di fronte al danno che potrebbe procurare agli altri, adopera un lavoro nobile come strumento di potere. Frequenta solo chi potrà esserle utile, usa la seduzione come un grimaldello.
Viviana Federici, invece, è sfrontata e coraggiosa: non usa, agisce. La sua sensualità è assai diversa da quella di Sofia, è la forza del corpo femminile che spezza la lama che avrebbe voluto amputarle l’amore.
L'indagine tra ambientalismo e abusi sugli animali
Con te non si finirebbe mai e si continuerebbe all’infinito e oltre. Ma siamo giunte all’ultima domanda. Volutamente non sono entrata nella trama e negli intrecci narrativi di “La danza dei veleni” perché in un’indagine è sempre un terreno scivoloso e si finisce per dare indizi involontari che privano il lettore di quel piacere sottile e stuzzicante di essere a tu per tu con la pagina senza mediazioni, di farsi le proprie idee e le proprie ragioni su quello che avviene e registrare senza essere stato indotto particolari e dettagli.
Posso solo accennare che gli animali sono vittime e armi, sodali e carnefici e che raccontano del mondo che abitiamo e della direzione che sta prendendo. Blanca insieme con Liguori, sotto la guida di Martusciello, e con la collaborazione del commissario Micheli, che segue la serie di omicidi per il morso di ragni velenosi, indaga sulla morte di due veterinari, idealisti e coraggiosi che combattono contro l’abuso sugli animali e le lotte clandestine.
Il collegamento tra le due indagini e il prorompere di personaggi con un’identità spiccata e vivace, che la penna di Patrizia Rinaldi sa rendere vivi e unici, lo lascio al lettore e al suo godimento.
D: Per concludere, i lettori che già conoscono e amano Blanca cosa ritroveranno di lei e cosa potrebbe sorprenderli del suo agire in questa nuova indagine? Al contrario i lettori che la incontreranno per la prima volta in “La danza dei veleni” cosa devono sapere necessariamente di lei?
R: La novità è che in questo ultimo romanzo a Blanca sta stretto l’ambiente di lavoro. Si sente persa dove si era sentita al suo posto.
La solitudine si fa più invadente e apre spazi al passato. Blanca reagisce d’istinto: si rintana, tradisce, non dice, sbaglia. Gli equilibri vecchi si spezzano, lasceranno il posto a dinamiche nuove. Ai lettori nuovi dico che Blanca è un supereroe con parti mancanti, è una donna che sbaglia e ricomincia: non nasconde le sue imperfezioni ma le fa diventare nutrimento.
Ha un brutto carattere, ma per lei “vivere vale comunque la pena”. Ai lettori vecchi e nuovi dico grazie. Non dimentico che la possibilità di scrivere di lei è un vostro regalo.
E grazie a te di cuore da me e da Blanca.
Chi è Patrizia Rinaldi
Patrizia Rinaldi vive e lavora a Napoli. È laureata in Filosofia e si è specializzata in scrittura teatrale. Ha partecipato per diversi anni a progetti letterari presso l’Istituto penale minorile di Nisida. Nel 2016 ha vinto il Premio Andersen Miglior Scrittore. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo La compagnia dei soli, illustrato da Marco Paci, (Sinnos 2017), vincitore del Premio Andersen Miglior Fumetto 2017, Un grande spettacolo (Lapis 2017), Federico il pazzo, vincitore del premio Leggimi Forte 2015 e finalista al premio Andersen 2015 (Sinnos 2014), Mare giallo (Sinnos 2012), Rock sentimentale (El 2011), Piano Forte (Sinnos 2009). Per le Edizioni E/O ha pubblicato Tre, nmero imperfetto (tradotto negli Stati Uniti e in Germania), Blanca, Rosso caldo, Ma già prima di giugno (Premio Alghero 2015) e La figlia maschio (2017).