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Nell'isola del giallo cubista

Autore: Daria Galateria
Testata: La Repubblica - Robinson
Data: 27 luglio 2019

È stato un mirabolante giallo cubista, Ninfee nere, a dare la fama a Michel Bussi - da quel 2011 è terzo nelle vendite in Francia, e secondo tra gli scrittori di polizieschi. Giallo cubista, Ninfee nere, perché i brevi capitoli appartengono a tempi diversi della storia, e il lettore lo scopre solo alla fine: quando è lasciato a riordinare personaggi, eventi e luoghi che negli anni hanno cambiato fisionomia, come i volti scomposti del cubismo; e questo lavoro - divertente, perché il montaggio è magistrale, e la ricostruzione guidata - batte in delizia la scoperta del colpevole.

Ora la casa editrice e/o, che pubblica Bussi in Italia, fa tradurre al sempre brillante Alberto Bracci Testasecca un suo primissimo romanzo (riveduto), La Follia Mazzarino, il più solare dei noir a porte chiuse. Siamo infatti in un'isola anglo-normanna, Mornesey (una Guernesey reinventata), piena di vacanzieri; è agosto. In quella svagata calura si compiono due eventi enigmatici: l'evasione sanguinosa dal penitenziario di un pericoloso rapinatore e di un piccolo faccendiere a fine pena; mentre un adolescente orfano, Colin, in un campo estivo di addestramento alla vela, crede di rivedere il padre, scomparso in quel mare da dieci anni. Stavolta i tempi sono contingentati, tutto - cinquecento pagine - avviene in quattro giorni, ogni capitolo indica l'ora e anche i minuti in cui ci troviamo. Le due vicende anodine non tardano a imbricarsi, e a rivelarsi vere bombe pirotecniche: come quei quadri simultaneisti del futurismo, in cui gli oggetti conflagrano in mille coloratissimi spezzoni.

Quando, nel fare un castello di sabbia, un bambinetto vede spuntare sul bagnasciuga dei capelli - appartengono a uno degli evasi, il corpo a seguire - l'isola esplode. I turisti assaltano i traghetti per scappare; squadre scelte approdano, e tutti si mettono in caccia. Le divise, in cerca dell'altro evaso; gli adolescenti del campus velista, per ritrovare l'amichetto Colin, che a più riprese scompare o viene rapito; lo statuario, atletico e testardo Casanova, studente in legge, e d'estate addetto stagionale alla sicurezza (a cavallo della mountain bike del Comune deve multare i ciclisti senza casco e i cani senza museruola), per intervenire irritato che mitragliette e uomini in cachi gli sbarrino il passo sotto al penitenziario, immenso edificio ottagonale dell'architetto secentesco Vauban («Non siamo alla Baia dei Porci», obietta, invano); due donne, in inseguimento d'amore, i cattivi, a caccia di Colin, non si sa perché, e della follia Mazzarino del titolo; e il giornalista d'inchiesta locale Delpech, finalmente su scoop nazionali, ma che la questione della follia Mazzarino ha ripescato ogni estate sul suo giornale, per galvanizzare i vacanzieri.

Si tratta di questo. Una lettera (inedita, evidentemente) di madame de Sévigné racconta che «l'italiano Mazzarino» ha conquistato la corte con «l'immenso patrimonio che gli proveniva dall'isola di Mornesey», la follia Mazzarino: una «fonte inesauribile di ricchezza» con cui il cardinalministro aveva corrotto la nobiltà francese, e aveva reso più splendida la stessa incoronazione di Luigi XIV, il re sole. Il romanzo acquista un nuovo passo, stevensoniano, di caccia al tesoro, con mappe, malevola cupidigia, e benintenzionata attività dei detective della storia, che come si è capito sono molteplici, improvvisati, e non fanno squadra se non nelle ultime pagine.

Bussi ha alcuni temi che gli sono cari, su cui torna e eccelle. Uno è l'identità: incerta, spezzata, da ritrovare; e i genitori, assenti, equivoci, da ritrovare anche loro. In un suo romanzo, una bimba di tre mesi, sopravvissuta a un incidente aereo, è contesa tra due famiglie; il giudice decide, un detective è incaricato dalla famiglia esclusa di indagare - l'indagine durerà 18 anni. Nella Doppia madre, Malone, tre anni e mezzo, dichiara che la mamma non è la sua vera mamma; lo psicologo infantile gli crede. Qui, nella Follia Mazzarino, Colin è alle prese alternativamente con un padre vivo o morto, buono o cattivo, e perfino due padri, e soprattutto, si trova a dover diffidare di tutti gli adulti dell'isola indistintamente. La scrittura di Bussi è qui così ludica, i dialoghi degli adolescenti del campus così esilaranti, e l'equivoco rapporto di Colin coi grandi così primario, che si ha a tratti il sentimento di ritrovarsi nel genere Young Adult. Ma le solari disavventure scorrono su un fondo non poco crudele, i riferimenti colti spuntano ovunque a tradimento, la costruzione è insieme complicata e galoppante - è l'ingranaggio la magia di Bussi: siamo nella sua Normandia ancestrale e, purtroppo, progredita, e nel più picaresco dei gialli. Ma anche qui il tempo, all'ultimo ci riprenderà per la coda. E allora di nuovo i luoghi e le persone cambieranno faccia - come, si diceva, nei quadri di Picasso, che girava attorno al modello, variando il punto di vista, e poteva asserire, a chi gli chiedeva cosa facesse un triangolo sul volto di una demoiselle d'Avignon: «È un orecchio». E come in tutte le migliori fiabe, l'adolescente Colin - beninteso se sopravviverà - uscirà rafforzato da tante prove.