Come nasce l’idea della trama di questo romanzo? O forse dovrei dire da cosa?
La causa occasionale è il dialogo con un veterinario di frontiera che mi ha raccontato del contrabbando di cani. La causa remota è il carattere ostinato di Blanca: lei torna sempre.
Tra le pagine di questo libro c’è molto della tua terra e della tua identità partenopea. Quanto è importante per te rivendicare questa appartenenza passando per ciò che racconti?
Appartengo alla mia terra, ai Campi Flegrei instabili e belli, ricchi di storia, di archeologia. Racconto anche gli aspetti peggiori della nostra città, ma cerco di non trascurare la speranza di riscatto.
Hai lavorato per progetti letterari in un Istituto penale minorile. Cosa ti resta di quell’esperienza? Cosa significa approcciarsi ai ragazzi, oggi?
Ho imparato molto dai ragazzi detenuti e dai ragazzi liberi. Più di tutto ho imparato la responsabilità della speranza. Per me stare con loro significa restare viva, non arrendermi. Semplicemente.
Hai scritto libri per ragazzi, che tra l’altro hanno ottenuto dei riconoscimenti importanti, e romanzi più di “genere”. Cosa senti più vicino alle tue “corde”?
La scrittura non cambia. Mi è indispensabile cambiare contesto narrativo per somigliarmi senza somigliarmi troppo.
La scelta di un detective ipovedente è davvero particolare; come a voler porre l’accento sulle diverse risorse del genere umano?
Cerco di raccontare la risorsa delle fragilità, la poesia del limite. La perfezione non esiste e continua a essere sopravvalutata.
A quali progetti stai lavorando?
Ora sto scrivendo per i ragazzi. Senza di loro non so stare.