Diciamolo subito: leggere Ahmet Altan non è facile; recensire un suo libro, in questo caso Amore nei giorni della rivolta, lo è ancora meno.
Parliamo di romanzi storici ambientati in una parte del mondo, la Turchia, che già nel presente fatichiamo a comprendere. Perché Ahmet Altan è in carcere dal 2016 con l’accusa, in sostanza, di fomentare i terroristi diffondendo messaggi subliminali. Perché nei suoi libri parla di potere, governi e rivoluzioni, temi di fronte ai quali non è semplice rimanere obiettivi, viceversa è comodo cadere nella tentazione di schierarsi o trovare collegamenti col presente a tutti i costi.
Messe in chiaro queste premesse, possiamo approcciare Amore nei giorni della rivolta, l’ultimo romanzo dello scrittore turco, con più serenità, come un romanzo sull’amore e sulle sue giravolte nel contesto di una (storica) cruenta rivoluzione. Pubblicato da e/o, è il secondo capitolo del cosiddetto Quartetto Ottomano e vi ritroviamo gli stessi personaggi e alcuni dei temi già incontrati nel precedente Come la ferita di una spada.
L’ultimo romanzo di Ahmet Altan
Il nuovo romanzo si muove tra presente e passato. Le storie di Hikmet Bey, Reşit Pascià, Ragıp Bey e gli altri non sono descritte in presa diretta, ma da una distanza lontanissima: i fantasmi dei protagonisti, un secolo dopo gli avvenimenti, raccontano al signor Osman le loro vite nei concitati giorni della rivolta del Comitato Unione e Progresso. Le raccontano e le ripetono come le ricordano, cambiando sempre qualcosa, aggiungendo intriganti dettagli per sentirsi più vivi. Osman, legato agli altri personaggi da complessi rapporti di parentela, vive «in un’atemporalità profonda e pericolosa, dove passato e presente si confondevano». Vivo, ma senza una vera vita, ricompare a tratti in mezzo alla narrazione, con un ruolo cinematografico di stacco e di raccordo.
Questa strana anarchia temporale è nulla in confronto al caos in cui versa l’Impero Ottomano agli inizi del XX secolo: genti diversissime per provenienza e convinzioni affollano con i loro mille colori le piazze di Istanbul, a malapena tenute a bada dal sultano ‘Abd ul-Hamid II.
Il sultano, del resto, è abituato a incrociare razze per il suo solo godimento: lo fa con i suoi variopinti sudditi come con i cani del suo strano zoo personale.
«Incrocio cani di razze diverse, ottenendone così di nuove che possiedo solo io. Tuttavia, come puoi vedere, non abbaiano e a questo non riesco a trovare una soluzione».
All’inizio del romanzo, l’inevitabile rivolta è già avvenuta: dopo un iniziale senso di libertà e l’entusiasmo per aver relegato il sultano nel suo palazzo, solo e senza poteri, i ribelli si disperdono sotto mille bandiere. L’esercito si ribella, in città regna il caos.
«Quelle persone non credevano in altri che in se stessi. Anzi nemmeno in se stessi. Avevano perso anche la fiducia nella direzione dell’Unione, ognuno si era scelto un leader diverso e sospettavano l’uno dell’altro».
Amore e amicizia stravolti dalla rivoluzione
In questa situazione sospesa e rischiosa, la vita dei personaggi subisce una sterzata: il primo è Hikmet Bey. All’inizio del libro lo conosciamo come un uomo debole, così morbosamente legato alla moglie Mehpare Hanim da tentare il suicidio dopo la separazione: la rivolta gli svelerà una nuova dimensione dell’amore tra le braccia di Hediye. Lo stesso accade a Dilara Hanim, vedova affascinante e piuttosto libertina, che nei giorni della rivoluzione si scoprirà innamorata dell’integerrimo Ragıp Bey. Persino Mehpare Hanim, una creatura passionale e spietata, sperimenterà un amore meno egoistico, quello per i figli, vivificato dalla paura per la loro incolumità.
Il clima incerto della rivolta, mentre ribalta le gerarchie militari e abbatte quelle sociali, fa incontrare personaggi altrimenti lontani, determina spostamenti prima impensabili: il sultano, ormai il fantasma di se stesso, abbandona il palazzo reale verso periferie meno esposte, mentre in città si instaurano convivenze improbabili per salvare la pelle. L’amore in tutte le sue accezioni (quello passionale, quello tra amici, quello tra genitori e figli) nei giorni della rivolta segue logiche diverse da quelle consuete. Ma reggerà al cambiamento? Aspettiamo il terzo capitolo del Quartetto Ottomano per scoprirlo.