Patrizia Rinaldi vive e lavora a Napoli. È laureata in Filosofia e si è specializzata in scrittura teatrale. Ha partecipato per diversi anni a progetti letterari presso l’Istituto penale minorile di Nisida. Nel 2016 ha vinto il Premio Andersen Miglior Scrittore. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo La compagnia dei soli, illustrato da Marco Paci, (Sinnos 2017), vincitore del Premio Andersen Miglior Fumetto 2017, Un grande spettacolo (Lapis 2017), Federico il pazzo, vincitore del premio Leggimi Forte 2015 e finalista al premio Andersen 2015 (Sinnos 2014), Mare giallo (Sinnos 2012), Rock sentimentale (El 2011), Piano Forte (Sinnos 2009). Per le Edizioni E/O ha pubblicato Tre, numero imperfetto (tradotto negli Stati Uniti e in Germania), Blanca, Rosso caldo, Ma già prima di giugno (Premio Alghero 2015) e La figlia maschio (2017).
L’abbiamo intervistata in occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo intitolato La danza dei veleni, edito da Edizioni E/O. Ecco cosa ci ha raccontato:
1. Benvenuta sul nostro blog, Patrizia. E’ uscito da poco il tuo romanzo pubblicato da E/O Edizioni intitolato La danza dei veleni. Titolo curioso, com’è nata l’idea di questa nuova storia?
P.: Grazie per l’ospitalità. Devo il titolo e molto altro a Colomba Rossi. L’idea è nata da un incontro con un medico veterinario che mi ha raccontato del suo impegno contro il contrabbando di cani.
2.Blanca Occhiuzzi, ipovedente poliziotta, con molte qualità che sopperiscono ad una vista ”normale”: una scelta coraggiosa , che si scontra con super-investigatori dal successo assicurato. Da dove proviene questa scelta singolare?
P.: La perfezione latita, eppure resta sopravvalutata: Blanca è una persona che denuncia parti mancanti anche oltre il difetto della vista, che combatte quotidianamente per superare il limite.
3.E’ un messaggio forte quello che ci trasmette questa donna in gamba: non è con la “normalità” – in questo caso la vista – che si vince, ma con l’introspezione, la solitudine, l’uso più affinato degli altri sensi.
P.: È quello che penso. Sopravvive chi non cede al lamento, chi trova il coraggio di proseguire comunque.
4. Scena della storia: Napoli. E’ una Napoli ben diversa da quella che ci racconta de Giovanni; vera, ma forse meno drammatica (almeno, all’apparenza)?
P.: Napoli è tante città. Racconto il degrado e la bellezza, l’irrisolto e la cultura viva della sua storia. A volte mi piace addirittura trattarla come una qualsiasi città europea, per tradire il cliché di unicità che comunque le appartiene. Napoli è una madre ingombrante, ognuno la vive come può.
5. Nell’ultimo romanzo, La danza dei veleni, ci sono varie figure femminili che ruotano intorno a Blanca: la figlia adottiva Ninì, l’ambiziosa giornalista Sofia Rago,la stravagante Amaltea Ornico, e altre; nel complesso le donne superano le figure maschili. E’ voluto o casuale?
P.: Amo raccontare le donne, la loro complessità, i travagli e le gioie che incontrano. Non preferisco celebrare la beatificazione in vita del genere femminile tutto, ma so bene che le donne incontrano difficoltà maggiori e perciò elaborano risposte più complesse.
6. All’interno del romanzo si narra una complessa vicenda che ruota intorno ad animali: cani contrabbandati, ragni velenosi, loschi personaggi con interessi “animaliferi”. L’argomento si basa o ha preso spunto da fatti reali?
P.: Il contrabbando di animali esotici permette introiti davvero considerevoli per la criminalità organizzata.
7. Parliamo del linguaggio, dello stile. Raffinato, particolarissimo. Oltre a certe frasi vagamente dialettali, c’è nel tuo scritto una specie di poesia che ricorda (idea personale) gli scritti del tuo concittadino Erri De Luca. Trovi strano questo abbinamento? Lo condividi?
P.: Ti ringrazio per il paragone. Forse il suono del nostro dialetto, armonico e particolare, resta impigliato comunque nei nostri linguaggi.
8. Hai scritto anche per i ragazzi: che differenza c’è fra il lettore giovane e l’adulto? Con chi preferisci rapportarsi, in quanto autrice?
P.: Sono scritture che scelgo con la stessa intensità e con uguale impegno. Il lettore giovane forse è più anarchico, meno condizionabile. Comunque sono i ragazzi che mi hanno insegnato il profondo rispetto per il lettore e pure la responsabilità della speranza.
9. Nello scrivere per i ragazzi, è stata utile la tua esperienza di lavoro in contesti “difficili”?
P.: Credo che abbia agito l’amore autentico che provo per loro e poi pure la voglia di raggiungere chi ha avuto minore fortuna.
10. Hai pubblicato, oltre che per ragazzi, due romanzi che non hanno come protagonista Blanca. Sono La figlia maschio e Ma già prima di giugno. Da quali hai avuto più soddisfazioni?
P.: Non riesco a fare questa distinzione. Non sono capace di attribuire gerarchie di valore ai miei libri. Forse quelli che sono andati peggio nelle vendite mi suscitano maggiore benevolenza.
11. A quali nuovi progetti stai lavorando?
P.: Sto scrivendo per ragazzi. Mi mancano.