Il passaggio di un paese italiano che somiglia molto a Capalbio da luogo anonimo a località alla moda alla fine degli anni ottanta è al centro del romanzo Il giardino dei mostri, scritto da Lorenza Pieri per la casa editrice e/o. Il buttero Sauro è tra i primi a capire che si può sfruttare l’interesse dei romani per il proprio borgo: prima mette in affitto un casolare in cattive condizioni, poi apre con la moglie un punto di ristoro e alla fine ha due ristoranti in comproprietà con un deputato romano, Filippo Sanfilippi. Sauro ha due figli, Saverio, bello e scioperato, che si mette nei guai trafficando anabolizzanti per conto del proprietario di una palestra e Annamaria, una sedicenne complessata, sensibile e intelligente. A Capalbio approda anche l’artista Niki de Saint Phalle per realizzare su una collina statue gigantesche con le figure dei tarocchi. Attirata dai modi anticonvenzionali e dagli incitamenti a essere sé stessa di Niki, Annamaria si distacca dall’ambiente familiare e dalla frustrante compagnia di turisti snob sempre pronti a trasformare l’amicizia in dileggio.
«Non riconoscersi nel proprio nome era stato il primo passo nell’insicurezza. Inoltre Annamaria era la figlia di Sauro il buttero ed era cresciuta in campagna, e neanche questo l’aveva aiutata. E poi l’abbreviavano male. Lei era Annamarì, troncata come un verso in dialetto. Già nel momento in cui qualcuno si rivolgeva a lei, ancor prima di aver pronunciato il comando o il richiamo che in genere seguiva c’era tutto lo svantaggio socio-economico».
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