"Chernobyl", la miniserie drama di Craig Mazin, è un successo di pubblico e critica. Riesce a raccontare la complessità di un momento storico grazie al potente mezzo della narrazione visiva e trova, proprio nella serialità, la sua massima forza: oltre a intrattenere, informa. Portandosi al limite con il genere documentario - L'approfondimento
Chernobyl, la miniserie drama co-prodotta da HBO e Sky Uk, è un successo di pubblico e critica. Su Imdb sta registrando un consenso tale da superare colossi della serialità come Breaking Bad e Game of Thrones. Quello che è accaduto quel famoso 26 aprile del 1986 è depositato nell’immaginario ed è un evento che, se non ha cambiato la Storia, sicuramente ne ha inclinato parte del percorso, mostrando quelli che sarebbero stati gli effetti di una guerra atomica; convincendo alcuni Paesi, come l’Italia con il referendum del 1987, a vietare l’uso dell’energia nucleare a livello nazionale.
Nonostante la notorietà di quel che avvenne a Černobyl’, è proprio in questi ultimi mesi, in corrispondenza dell’uscita della serie, che le ricerche su Google mostrano un maggior interesse per le dinamiche che hanno portato all’esplosione del reattore quattro della più famosa centrale nucleare d’Europa.Ed era proprio questo l’intento dell’autore, Craig Mazin, al suo debutto drammatico dopo aver firmato commedie come Scary Movie e Una notte da leoni: “Quello di Chernobyl è un incidente di cui tutti sanno e nessuno ancora sa. Se chiedo alla gente cosa è successo, diranno che la centrale è esplosa, ma se gli chiedo come non lo sapranno”, ha dichiarato in un’intervista a Vox.
Dopo aver visto la serie, non solo si è in grado di ripercorre quanto avvenuto esattamente quella notte alle 1:26:03 tra Černobyl’ e Pryp’jat’, ma si ha anche un’idea precisa degli effetti invisibili che le radiazioni hanno sui corpi umani, di quel sapore di ferro che si sente in bocca subito dopo l’esplosione radioattiva e dei vari errori che potevano essere evitati. Insomma, un circolo virtuoso di curiosità che mette voglia di saperne ancora di più. Ma perché il lavoro di Mazin è tanto efficace nello stimolare la conoscenza?Chernobyl si inserisce nel filone di quelle serie tv storiche che, come già The Crown, Marco Polo e Boardwalk Empire, raccontano la complessità di un momento del passato grazie alla narrazione visiva e trova, proprio nella serialità, la sua massima forza: oltre a intrattenere, informa.
Lo show riesce però a portare il senso del reale ancora un po’ più in là, a un livello successivo della narrazione, al limite con il genere documentario. Questo perché la sua unicità sta nella non continuità: infatti, rispetto ad altre serie storiche in cui vengono raccontate saghe familiari e lunghe sequele di accadimenti, Chernobyl si concentra su un unico evento e lo esaurisce. Utilizza la lunghezza della forma seriale non per portare avanti un racconto fatto di colpi di scena e improvvise sospensioni in vista di una stagione successiva, ma per dire tutto.
Non avrà una seconda stagione, ha portato a termine la sua narrazione e l’ha fatto in maniera accurata, come testimoniano la precisione della messa in scena, dai vestiti alle luci, o l’uso consapevole di storie e dialoghi riportati nel libro reportage Preghiera per Chernobyl (e/o, traduzione di Sergio Rapetti) della scrittrice premio Nobel Svetlana Aleksievič.
Eppure la serie non è solo dati e informazioni, ma anche un concentrato di piccole storie di sacrifici, di vite private che, come affreschi, in mezzo alla narrazione principale, danno voce alla complessità psicologica di quei giorni e di quelli subito successivi. È il caso dell’anziana signora che resta a mungere la sua mucca invece di evacuare insieme agli altri la città; della vedova Lyudmilla Ignatenko il cui bambino nasce morto dopo averla protetta dalle radiazioni assorbendole lui; o quello dei soldati costretti a guardare negli occhi tutti gli animali domestici che per ordine devono abbattere.
Un altro aspetto su cui Mazin ha voluto concentrarsi è la disconnessione dalla verità: “E questa è la lezione che spero le persone apprendano quando vedono Chernobyl, che c’è un costo quando si ignora la verità”.Attraverso un evento tragico avvenuto in URSS trentatré anni fa, l’autore affronta di riflesso il tema quanto mai attuale del relativismo della verità, del suo inquinamento a opera di organi di potere, che in questo caso viene incorporato dallo Stato senza volto delle commissioni sovietiche negli anni ‘80, ma che può trovare inquietanti similitudini anche nelle azioni del leader populista di turno all’interno delle democrazie occidentali contemporanee.
Buona parte del mondo russo non ha apprezzato la versione occidentale, definendola grottesca e caricaturale, tanto che la Russia di Putin è pronta a controbattere con la sua versione della storia, il cui focus sarà il presunto sabotaggio di un agente della CIA. Tra i finanziatori dell’opera, già girata, conta anche il Ministero della Cultura. Insomma, due serie sullo stesso evento storico, due versioni diverse: una russa e una americana.Un ritorno in chiave seriale della Guerra Fredda, ma nell’era del gaming e della rappresentazione, in cui tutto sembra essere diverso da trent’anni fa, ma come sempre l’assoluto presente della Storia ci mostra che mai niente cambia per davvero.