Ahmet Altan è tuttora in carcere, condannato all’ergastolo per reati d’opinione in Turchia. Malgrado sia uno scrittore straordinario e malgrado la mobilitazione di molti intellettuali, il suo destino appare segnato. Leggere le pagine dei suoi romanzi, ci riporta ad un paese, la Turchia, dove anche nel secolo scorso la barbarie si affacciava durante le numerose rivolte con inusitata ferocia.
Troppo lungo riassumere la trama di questo “Amore nei giorni della rivolta”, secondo di una serie di volumi detta “Quartetto ottomano”. Ma lo spirito che pervade tutto il romanzo è quello di un’estrema bellezza di ambienti, di personaggi, di abiti, di ville sul Bosforo, di sentimenti che si sviluppano e crescono tra i vari interpreti della storia, malgrado le violenze estreme, le esecuzioni, il sangue che scorre copioso nelle vie di Istanbul in seguito ad una delle tante rivolte che portarono al crollo definitivo dell’impero Ottomano.
Siamo nel 1909 e un gruppo di personaggi creati dalla fervida fantasia dell’autore, incarnano le anime di questa società colta nella fase del suo definitivo declino. Hikmet Bey è il figlio del medico del sultano, ha appena provato a suicidarsi, perché lasciato dall’amata bellissima moglie Mehpare Hanim, che gli ha preferito il greco Konstantin. Il loro figlio Nizam vive a Parigi con la nonna, la fascinosa Mihrisah Sultan, che ospita anche la giovane nipote, figliastra di Hikmet. C’è poi Resit Pascia, medico del sultano e suo fedelissimo amico e collaboratore.
Una storia parallela è quella di Ragip Bey, un militare, inquieto e incapace di trovare una forma di tranquillità emotiva: sposato infelicemente, trova l’amore in una donna bella e misteriosa, Dilara Hanim, anticonformista e libera, ma anche con lei il rapporto è ambiguo. La figlia diciassettenne di lei, Dilveser, lettrice compulsiva di romanzi francesi e russi, il suo preferito è Anna Karenina, farà innamorare Hikmet Bey, che sarà attratto dalla intelligenza fervida della ragazza, pur essendo sessualmente posseduto dalla schiava Hediye, dal corpo bronzeo e profondamente innamorata del padrone.
Amori travolgenti accompagnati da giochi sessuali arditi, legami tutti mentali alimentati alla passione per libri, ragionamenti profondi sul senso della vita e della morte, dibattiti sul senso della fedeltà, dell’onore, della tradizione, della religione, della fede, attraversano le pagine del lungo romanzo, intessuto di profumi e di atmosfere raffinate che si oppongono ad un’estrema miseria nella quale sono relegate le parti più estese della popolazione turca, in attesa di cambiamenti, al seguito di chiunque prenda in mano le armi e prometta condizioni di vita migliori. In mezzo alla miriade di personaggi, pascia, sceicchi, mullah, visir, hodja, che si aggirano nella città di Istanbul in attesa della ormai decisa destituzione del vecchio sultano, ritratto negli ultimi momenti di vita, sdentato, circondato dagli animali del suo serraglio, gli unici che sente fedeli, spiccano le descrizioni che lo scrittore fa usando una lingua suggestiva, piena di sensualità, capace di esprimere un lusso estremo non solo degli oggetti ma soprattutto dei sentimenti e delle emozioni, anche se si tratta di descrivere i preliminari d’amore con una schiava:
Le luci incandescenti che filtravano attraverso il piccolo sportellino della stufa si riflettevano sui lembi del vestito di seta azzurra, creando sulle sue scarpine yemenite bianche scamosciate un alone viola , dove il rosso e il blu si sposavano in un miscuglio infuocato, ma non si fermavano lì e, seguendo le pieghe lucide del vestito, arrivavano ad appoggiarsi sui seni di Hediye che si dondolava nel buio della stanza come una lingua di fuoco distaccata da una grande incendio…
Una menzione speciale va alla traduttrice del testo, Barbara La Rosa Salim, che ci ha accompagnato in questo labirinto di nomi, qualifiche, cariche religiose e militari, fornendo al lettore un glossario utile a comprendere i misteri d’oriente, come mi viene da chiamare questo complicato giardino di emozioni.