C’è un filo rosso che unisce il pensiero di Elena Ferrante e Vladimir Nabokov sulla letteratura.
Nel prezioso libro, Lezioni di letteratura, l’autore di Lolita che insegnò letteratura all’università dal 1940 al 1958, spiega che «Nel 1940, prima di affrontare la carriera accademica in America, mi presi la briga di scrivere cento lezioni - circa 2000 pagine - sulla letteratura russa, e più tardi altre cento sui grandi romanzieri da Jane Austen a James Joyce. Così potei vivere di rendita, a Wallesley e alla Cornell, per venti anni accademici».
Nabokov insegna ai suoi studenti a concentrarsi sul modo in cui sono raccontate le storie partendo dalle storie stesse. La letteratura sono i romanzi, «la creazione di un mondo nuovo […] L’arte dello scrivere è un’attività futile se non comporta anzitutto l’arte di vedere il mondo come risorsa potenziale della narrazione», perché la letteratura «non è nata il giorno in cui un ragazzino corse via dalla valle di Neanderthal inseguito da un grande lupo grigio, gridando “Al lupo, al lupo”: è nata il giorno in cui un ragazzino, correndo, gridò “Al lupo, al lupo” senza avere nessun lupo alle calcagna».
La letteratura sono le storie che leggiamo. Un’affermazione che se ci riferiamo a mondi nuovi in senso lato riporta alla mente un’altra osservazione che esprime lo stesso pensiero. «L’architettura sono le architetture» dice Giorgio Grassi, architetto e professore universitario, la si comprende e apprezza studiando e contemplando le architetture stesse.
Un pensiero analogo esprime Elena Ferrante il 28 luglio del 2018 sulle colonne del Guardian, «Di veramente nuovo in letteratura non c’è altro che il nostro individualissimo modo di usare il deposito della letteratura planetaria. Siamo immersi in ciò che ci ha preceduti […] Tutta la letteratura grande o mediocre che sia, ci è contemporanea, si affolla intorno a noi mentre scriviamo, è aria che respiriamo. Di conseguenza le nostre pagine non sono mai “nuove” nel senso che all’aggettivo dà l’industria culturale. Esse costituiscono invece la traccia di come, volenti o nolenti, ci siamo nutriti della tradizione per esprimere - dal suo interno – la nostra individualità […] Probabilmente il singolo autore prende forma ogni volta, grazie a uno sforzo di risistemazione del materiale letterario che lo precede. E non è affatto poco». Non esistono novità letterarie, ma romanzi che si nutrono di romanzi. La sequenza di storie raccontate e lette sono la materia prima con cui si costruiscono e generano nuovi romanzi, nuova letteratura.
Anche in questo caso Elena Ferrante è in totale sintonia con un altro grande architetto. Adolf Loos, viennese dell’inizio del secolo scorso, contemporaneo e amico di Karl Kraus, Arnold Schönberg, Peter Altenberg, che nel suo libro più bello, Parole nel vuoto, scrive: «Da quando l’umanità ha preso coscienza della grandezza dell’antichità classica, un solo pensiero ha unito fra loro i grandi architetti. Essi pensavano come io costruisco avrebbero costruito anche gli antichi Romani. Questo pensiero io voglio inocularlo anche ai miei allievi. Il presente si costruisce sul passato così come il passato si è costruito sui tempi che lo hanno preceduto. Le cose non sono andate mai diversamente, e mai andranno diversamente…».
Siamo immersi in un flusso continuo di informazioni e conoscenze, aggiungere un piccolo tassello, giorno dopo giorno, è il compito dell’artista, del letterato, dell’intellettuale.
Novità letterarie, è uno dei cinquantuno testi che Elena Ferrante ha scritto per The Guardian dal 20 gennaio 2018, data casuale, al 12 gennaio 2019, data casuale anche quest’ultima, come scrive la stessa autrice in Urti, il testo che fa da presentazione a L’invenzione occasionale che li contiene tutti e li presenta in ordine, strettamente, cronologico.
Pensieri e idee sul mondo e sulle persone, magistralmente illustrati da Andrea Ucini, musicista e illustratore concettuale italiano che vive e lavora in Danimarca.
La Ferrante così come aveva già fatto ne La frantumaglia raccontando la società che abitiamo racconta di se, della famiglia, del rapporto tra genitori e figli, tra figli e genitori. Di come ci sia un’assoluta continuità tra una condizione e l’altra. E se nel racconto della prima condizione, «Mi piace molto riconoscermi nelle mie figlie e, insieme, sentire che loro ce la mettono tutta per essere diverse da me», esprime la necessità di autonomia alla quale tutti tendiamo, nella seconda, «Una mattina ho visto me stessa allo specchio e l’ho riconosciuta, era lì, nel mio corpo», riconosciamo e ritroviamo il cordone ombelicale che, seppur tagliato alla nascita, resta il legame indissolubile con la nostra progènie.
C’è molto altro, ovviamente, ne L’invenzione occasionale, cinema, il racconto maschile del sesso, prosa e poesia, ma non sarò certo io a privarvi del piacere di scoprilo da soli.
Il professor Nabokov nella lezione introduttiva diceva ai suoi studenti, «non si legge un libro: un libro lo si può solo rilegge. Un buon lettore, un grande lettore, un lettore attivo e creativo è un rilettore, e vi spiego perché…».
Sono alla terza lettura de L’invenzione occasionale, avete già iniziato la prima?