Esiste una sfida più grande di restare se stessi, mentre fuori il mondo sembra sempre sul punto di esplodere? È possibile mantenersi saldi alla propria identità e alle proprie idee, nonostante lo stato di alienazione generato dalla contemporanea venerazione del successo, dalla sempre più comune mancanza di empatia e dall’incapacità di guardare alla realtà se non attraverso degli schermi? Secondo Kate Tempest (poetessa, rapper ed esponente della spoken word britannica) non solo è possibile ma è anche una necessità e un dovere di ogni essere umano. Come riuscirci? Ricorrendo alla creatività, alla mitologia, alla poesia e soprattutto all’amore, come suggerisce nella raccolta di poesie Hold Your Own, edita in Italia dalle Edizioni E/O.
Nata nel 1985 e cresciuta a Brockley, una periferia nel Sud Est di Londra, Kate Esther Calvert (nota oggi col nome d’arte Kate Tempest) ha sviluppato il suo amore per le rime e la poesia grazie alle filastrocche che la nonna, insegnante alle scuole materne, le recitava quando lei era ancora molto piccola. Incuriosita da tutto ciò che non sapeva o non capiva, Kate era solita andare alla ricerca di storie antiche e spesso trovava le sue risposte in una vecchia libreria vicino casa dove acquistava libri usati a soli 80 pence. Li amava, li leggeva, li divorava… E poi ripartiva con altre storie e altri volumi e altre domande che la lasciavano estasiata. A 16 anni si esibì per la prima volta in una serata a microfono aperto al Deal Real, un negozio di musica hip-hop e luogo di incontro per giovani rapper in Carnaby Street a Londra. Ricorda perfettamente le sensazioni provate: l’inadeguatezza provocata dagli sguardi altrui, la consapevolezza di essere comunque al posto giusto. La corporatura massiccia, i modi di fare considerati maschili, il desiderio di cimentarsi in quel mondo di uomini quale è il rap sono infatti degli ottimi pretesti per suscitare la derisione o quantomeno l’incredulità in chi vive di pregiudizi. Eppure lei sapeva che quella era la sua strada, sapeva – come spesso lei stessa dice – di voler fare sul serio. E sul serio ha fatto con Balance, l’album realizzato con la sua band Sound of Rum, e con Everybody Down, il suo primo lavoro da solista che nel 2014 ha ricevuto la nomination al Mercury Music Prize come miglior album britannico dell’anno; ha fatto sul serio con Let them eat Chaos, un disco diventato poi raccolta di poesie, che è stato selezionato al Mercury Music Prize 2016 e in cui ogni brano è un capitolo di un’unica storia: alle 4.18 di un mattino londinese, sette diversi personaggi sono alle prese con l’insonnia e le proprie complesse esistenze. Diversi sì, ma tutti accomunati dallo star vivendo quel preciso istante in una metropoli che fa mancare l’aria.
Laureata in Letteratura inglese, autrice di tre opere teatrali, di un romanzo dal titolo “The Bricks That Built the Houses” e di cinque raccolte di poesie, Kate Tempest è la più giovane artista ad aver ricevuto il prestigioso Ted Hughes Award for innovation in poetry per il poema “Brand New Ancients” in cui mescola mito e contemporaneità; è stata nominata Next Generation Poet dalla Poetry Book Society nel 2014 e nel 2015 è stata visiting professor alla University College di Londra.
Questi sono solo alcuni dei traguardi che la poetessa e performer britannica ha raggiunto nel corso degli anni grazie alla sua tenacia, al talento, all’unicità di pensiero, alla capacità di trasportare e travolgere gli animi durante le sue esibizioni di spoken word; ma anche a quella passione per il sapere e la cultura che l’ha portata a scovare tanto nella letteratura quanto nell’hip hop gli strumenti necessari a capire il presente. Attraverso la scrittura – per lei arte, urgenza e ossessione – Kate Tempest filtra le esperienze di vita quotidiana, riuscendo così a non restarvi ingabbiata.
Un esempio di tutto questo è la raccolta di poesie “Hold Your Own – Resta Te Stessa” che, così come accade in “Brand New Ancients“, parte dalla mitologia e dall’antichità per raccontare la realtà contemporanea. In Hold Your Own, il mito che fa da sfondo alle poesie è quello di Tiresia, l’indovino tebano chiamato da Zeus per risolvere una lite tra lui ed Era. Le due divinità stavano infatti discutendo se, in un rapporto sessuale, fosse l’uomo o la donna a provare maggiore piacere. Tiresia, avendo vissuto sulla sua pelle entrambi i sessi, rispose che se si potesse dividere il piacere in dieci parti, nove di queste andrebbero alla donna. Era, adirata, per punirlo lo rese cieco ma Zeus, che non poteva ricomporre ciò che un’altra divinità aveva distrutto, decise di donargli un’altra vista: la preveggenza. La raccolta è divisa in quattro parti, oltre alla poesia introduttiva dedicata a un Tiresia quindicenne che, con “i soliti sogni e la solita routine”, viene trasformato in donna dopo aver interrotto l’accoppiamento di due serpenti. Nelle sezioni successive (Infanzia, Vita da donna, Vita da uomo, Profitto cieco), la storia di Tiresia si intreccia con aneddoti di vita quotidiana, atti di bullismo raccontati in prima persona, momenti di disagio personale e sociale, un forte senso di solitudine e anche di desiderio. E poi c’è l’amore, quello che torna alla mente all’improvviso e fa sentire la sua mancanza, quello vissuto e quello sperato. L’amore che per la prima volta nella scrittura di Kate Tempest ha la forma di una lei e non più di un vago “tu”. Ma anche l’amore per se stessi che passa per il dolore, le paure, le cadute e le scoperte, per arrivare a coincidere con la fiducia verso di sé e verso gli altri.
Hold Your Own è un viaggio attraverso le fasi della vita di ogni essere umano ma anche attraverso i generi, per una persona come la poetessa britannica che, sempre qui per la prima volta, parla della sua identità di genere e mette in versi il malessere di chi non riesce a definirsi in base a schemi pretesi dall’esterno. Anche oggi che abbraccia con maggiore serenità il suo lato femminile, Kate Tempest è decisa a mostrarsi comunque se stessa, lontana dagli stereotipi, e a proseguire nel suo cammino di smantellamento dei ruoli di genere anche attraverso le sue narrazioni e le sue poesie. “I ragazzi hanno il pallone e le rampe per lo skate, le ragazze hanno la vergogna”, scrive nella poesia dal titolo Thirteen, dove attraverso semplici dettagli viene mostrata la diversa educazione impartita ai bambini e alle bambine e ciò che da questo deriva: i primi si ritroveranno a spalleggiarsi a vicenda, “sfidandosi a saltare sempre più in alto” e le altre a stare sedute col peso della loro vita e del loro dolore.
“UNA VOLTA BRUCIAVAMO LE DONNE CHE SOFFRIVANO DI EPILESSIA / LE LEGAVAMO AL PALO E LE ACCUSAVAMO DI STREGONERIA. / ADESSO / LE MOSTRIAMO SULLO SCHERMO SE HANNO BELLE TETTE / MA POI SE SI LASCIANO ANDARE LE FACCIAMO A PEZZI”
scrive invece in Progress, dove la morale antica e quella moderna si confrontano in un duello senza vincitori.
Nel pensiero di Kate Tempest però non c’è moralismo. In Hold Your Own come in tutte le sue opere scritte e parlate, la sua rabbia è sublimata in versi intensi e commoventi e ciò che resta è un pugno di amore e solitudine. Voce di una generazione disillusa, di una periferia difficile ma che si fa chiamare casa, di una città che sfinisce e pretende sempre di più; ma anche di una contemporaneità in cui il profitto è diventato un Dio da venerare e l’unico principio da seguire, Kate Tempest è quella sfumatura di pensiero che arriva là dove solo in pochi riescono ad arrivare. Nonostante la rabbia e il dolore che bruciano in un mondo da lei definito come “fuori di testa”, nonostante le sue rime siano invase da sentimenti di alienazione e disagio, la poetessa e rapper britannica crede che qualunque forma di disuguaglianza, qualunque ingiustizia sia sempre frutto di una mancanza d’amore. Un vuoto che non con l’odio, ma con empatia e tanto amore può essere colmato.
Che siano brani rap, poesie da leggere sottovoce o reading toccanti davanti a centinaia di persone, storie quotidiane o miti del passato che parlano al presente, le parole di Kate Tempest sono taglienti e penetranti, capaci di entrarti dentro e provocare improvvisi fiumi di lacrime. Eppure, nella loro durezza e universalità, infondono anche speranza e un enorme desiderio d’amore. Perché è questo ciò che fa la poesia, secondo Kate Tempest: aiuta ad accettare la solitudine e fa sentire meno soli.