"Non c'è niente di buono o cattivo al mondo se il pensiero non lo fa tale" diceva uno dei personaggi dell'Amleto. Ed è spesso il pensiero ad avvelenarci la vita, quando diventa ossessivo, tetro, preoccupato, pessimista, ansiogeno. Matt Haig è un giornalista britannico (scrive tra gli altri per The Guardian e The Sunday Times) e scrittore per un pubblico adulto e per ragazzi (Il club dei padri estinti, La foresta d'ombra). Matt Haig è malato: lo dice apertamente, l'ansia e gli attacchi di panico esplodono tra un senso di inadeguatezza e una nevrosi fin da quando era giovanissimo. E così decide di trasformare la sua esperienza in narrazione. Lo fa con Vita su un pianeta nervoso, pubblicato in Italia da E/O. Un libro che è completamente onesto per due ragioni: intreccia l'esperienza personale a studi di tipo sociologico e medico, e non ha la pretesa di fornire ricette miracolose a nessuno. Non esistono guru, solo persone che possono essere accomunate da esperienze anche drammatiche. Quella di Haig lo è ma contiene una volontà di comprensione del proprio malessere e del riscatto di sé che dà all'intero libro un realismo positivo.
Se il mondo è nervoso e tutti sono in ansia
Come mai l'ansia, questa sensazione ancestrale che accompagna l'uomo e lo rende reattivo di fronte al pericolo e capace spesso di attingere alle sue migliori energie, sta diventando la malattia globale degli ultimi anni? Cos'è che ci tiene lo stomaco stretto e ci dà il magone anche mentre siamo in gita sotto il sole e in mezzo alla natura con gli amici? Cosa ci aspetta per premerci sul petto la notte, alla fine di una giornata in cui la somma di cose da fare ci ha distratto dalle preoccupazioni profonde, da quelle zone oscure del nostro interno che si sprigionano dopo il tramonto? Non c'è spiegazione unica, come non esiste un unico essere umano. Haig scrive la sua esperienza e la mescola a dati giornalistici e a riflessioni personali. Nel suo caso, quel che non ha funzionato per anni è la tendenza ad essere iperattivo: un progetto dopo l'altro, un obiettivo dopo l'altro, sempre incapace di fermarsi a godersi il momento, lesto a fuggire altrove quando arrivava il risultato di tanti sforzi e impegni. Se qui ed ora ci sto male, come farò a star bene domani e laggiù? Non faccio altro che scappare da me stesso e quando mi raggiungo sono punto e a capo. Vita su un pianeta nervoso è innazitutto il diario, scritto molto bene, chiaro e piacevole, di come una persona è riuscita a venire a patti con se stessa, con il proprio tempo di vita. Ma non solo.
La malattia del consenso degli altri
Nel trattato La scintilla del risveglio, il monaco Thich Nhat Hahn scrive: "Molti scambiano l'eccitazione per la felicità, ma quando si è eccitati non si è in pace. La vera felicità si basa sulla pace". Ma viviamo in un mondo nervoso, che ci spinge alla corsa, all'insoddisfazione e a risarcimenti emotivi velocissimi e ad alto prezzo personale. Compresa tutta la sfera dei like e dell'ossesione di esserci che riguarda i social, analizzati con le loro ricadute da Haig. Citando e commentando lo studio The Organized Mind di Daniel Levitin: "Sia chiaro, controllare in continuazione la posta elettronica, Facebook e Twitter rappresenta una dipendenza neurologica". Che scatena nuova ansia fino agli attacchi di panico per chi già soffre di questi disturbi emotivi. Il libro prosegue: "Ogni volta che controlliamo i social media...otteniamo un'altra, robusta dose di ormoni della ricompensa. Ma come avviene per ogni forma di dipendenza, questo senso si soddisfazione è inaffidabile. E' la componente più stupida del cervello, quella sempre in cerca di novità e che governa il sistema limbico". Se il mondo attorno a noi è nervoso e ansioso, allora bisogna fare una mappa della realtà, non sfuggire alla realtà, e capire che questa condizione condivisa non riguarda soltanto noi. Accettarci: "Oppure essere il se stesso che esiste al di là di tutta la paccottiglia fisica e i detriti mentali dell'esistenza odierna". Matt Haig si seziona come uomo, come marito e padre, come professionista, spogliandosi dei ruoli per mettersi di fronte a se stesso, nudo, faccia a faccia con l'ansia e gli attacchi di panico. Il suo libro non è un manuale dei miracoli, è il diario ragionato di come la si possa fare, coltivando zone di ascolto di se stessi in cui l'attenzione e il tempo non vengano rubati da distrazioni esterne. Troppo idealistico, dirà chi legge. Troppo zen. No. L'autore specifica: "Non vorrei mai una vita di neutrale, assoluta pace interiore. Di tanto in tanto mi piace sperimentare momenti di euforia e sfrenata intensità. Fa parte di me. Ma più di ogni altra cosa desidero quella pace e quella accettazione" che è realistica accettazione di sé. Empatia verso gli altri. "Bisogna calmarsi, non basta fare. Bisogna essere".