Massimo Torre: chi sei, cosa ami fare e qual è il ruolo della letteratura nella tua vita?
Sono padre, scrittore, sceneggiatore. Amo guardare cosa accade nel mondo e cercare di capire quali direzioni intraprende. La letteratura ha sempre avuto un ruolo importante nella mia vita sin da piccolo, soprattutto quando si è trattato di leggere grandi scrittori.
Quando, come e perché hai cominciato a scrivere per professione?
Ho cominciato a 25 anni scrivendo e dirigendo radiodrammi ideati da me.
Quali maestri ti hanno formato maggiormente e come sei arrivato a loro?
Posso sicuramente ritenere miei maestri, prima di tutto mio padre e mia madre, quindi Age, Ennio De Concini, Ugo Pirro e Nino Manfredi.
Tu e Napoli; anche se da anni sei un romano d’adozione e affezione, quanto sei ancora legato alla tua città di nascita?
Sono visceralmente e culturalmente legato a Napoli.
Sceneggiatore per il cinema e la televisione, prima ancora che narratore. Hai firmato alcuni dei film e delle serie più popolari – nel senso più nobile del termine – del cinema e della televisione italiana. La svolta verso la narrativa è stata una conseguenza naturale o una decisione razionale?
Ho scritto il mio primo romanzo (mai pubblicato…) intorno ai 23 anni. La letteratura per quanto riguarda la scrittura è il mio primo amore, la sceneggiatura il secondo. In realtà già prima dei dieci anni avevo scritto qualche raccontino… Ma posso dire di aver avuto un doppio irresistibile imprinting: “La metamorfosi” di Franz Kafka e “Il settimo sigillo” di Ingmar Bergman.
Quanto della tecnica narrativa della sceneggiatura è presente anche nei romanzi?
Inevitabilmente dopo tanti anni da sceneggiatore questo mestiere influisce, soprattutto per quanto riguarda la struttura drammatica di una storia. Per il resto sceneggiatura e letteratura attengono a due linguaggi sì affini ma anche molto diversi.
Ami le contaminazioni o preferisci mantenere separate le due attività?
Le contaminazioni sono inevitabili. Viviamo nell’epoca delle contaminazioni. Però non riesco a fare le due cose contemporaneamente. Soprattutto se devo scrivere un romanzo ho bisogno esattamente di un tempo di decontaminazione.
Quando scrivi, pensi già all’adattamento delle tue storie per gli schermi?
No. Anzi cerco di essere il più libero possibile da questa idea.
Qual è il momento più difficile, nel percorso di nascita e sviluppo di una storia? Dall’idea, lo spunto originario fino alla scelta del titolo, quali sono le fasi e come le vivi?
Il momento più difficile per quanto mi riguarda non esiste, o meglio ogni storia ha una sua natura, una sua personalità, un suo carattere e quindi il momento più difficile si può presente ogni volta in momenti diversi della costruzione.
Mentre stai scrivendo, pensi mai a chi leggerà il tuo libro? Pensi di rivolgerti a un tipo o a più tipi particolari di lettore?
In genere cerco di scrivere quello che mi piacerebbe leggere.
Raccontaci della tua esperienza con Fieramente Il Libro nel progetto per le scuole “Osservare, descrivere narrare”
Per me è sempre molto gratificante poter dare un contributo agli studenti che amano l’idea di scrivere, o magari riuscire a suscitarla. In questo caso in particolare ho trovato una situazione molto stimolante, che di certo mi ha arricchito. E non dimentico.
Domanda obbligata per ogni scrittore; a quando il tuo prossimo libro?
Il mio prossimo libro vedrà ancora una volta protagonista Pulcinella combattente contro ingiustizie, iniquità, prepotenze e violenze.
Tre libri da consigliare?
“Kafka sulla spiaggia” di Murakami Haruki, “Il tempo è un bastardo” di Jennifer Egan, “La figlia maschio” di Patrizia Rinaldi.
Grazie per l’intervista!