Alle polemiche legate alla 32esima edizione del Salone del Libro di Torino e alle polemiche che hanno infiammato e continuano ad infiammare gli animi di molti, alle esclusioni di Altaforte e alle minacce del suo fondatore, Francesco Polacchi, di preparare una vera e propria controffensiva prevista - come ha dichiarato all’HuffPost – “sabato prossimo in una location della città”, sarebbe bello se potesse rispondere Elena Ferrante, la scrittrice italiana vivente più letta e tradotta al mondo per la tetralogia de “L’amica geniale”, la più misteriosa sicuramente, visto che nessuno ne conosce l’identità.
Alla kermesse torinese non sarà presente, o meglio, anche se ci sarà nessuno lo scoprirà mai, ma verrà presentato in esclusiva mondiale il suo nuovo libro, “L’invenzione occasionale”, pubblicato come tutti gli altri dalle edizioni e/o, un volume che raccoglie tutti gli articoli da lei scritti per un anno nella sua rubrica sul quotidiano inglese The Guardian. Leggendo quelle pagine in anteprima, abbiamo trovato un passo che è perfetto per descrivere quanto sta accadendo e quanto altro succederà (speriamo di no) in questa vicenda del Salone: il capitolo dedicato alla paura.
“Temo tutti gli esseri umani quando diventano violenti”, scrive la Ferrante. “Li temo se urlano, se insultano, se sfoggiano parole di disprezzo, mazze, catene, armi da taglio o da fuoco, bombe atomiche. Eppure da ragazza, in ogni occasione in cui bisognava mostrarsi impavide, io mi obbligavo a essere impavida. Presto mi sono abituata a temere meno i pericoli veri o immaginari e più, molto di più, il momento in cui altri o altre reagivano come io, paralizzata, non riuscivo a reagire”. “L’opinione corrente – continua la scrittrice – è che chi reagisce come caparbiamente mi sono addestrata a reagire io abbia il vero coraggio, quello che consiste appunto nel vincere la paura”, ma – precisa di non essere affatto d’accordo. “Noi persone pavide-combattive collochiamo in cima a tutte le nostre paure la paura di perdere la stima per noi stesse. Ci assegniamo immodestamente un grandissimo valore e pur di non trovarci faccia a faccia con la nostra degradazione siamo capaci di qualsiasi cosa”. “So da parecchio tempo – conclude in quell’articolo – di poter eccedere e quindi sto provando ad attenuare le reazioni aggressive a cui mi sono costretta fin da bambina. La cosa che forse bisogna temere di più è la furia delle persone atterrite”.
Il libro, impreziosito, come quella rubrica, dalle illustrazioni di Andrea Ucini, consta di oltre cinquanta brevi testi originali e anticonformisti da lei scritti fino al 12 gennaio dell’anno in corso, una vera e propria “prima volta” per la Ferrante, visto che – come spiega, non si era mai messa “nella condizione di scrivere per obbligo, chiusa dentro un perimetro inviolabile”. Il suo è stato “un esercizio nuovo”: “ogni volta calavo il secchio in fretta dentro qualche fondo scuro della mia testa, tiravo su una frase e aspettavo con apprensione che seguissero le altre”.
Con lo stile che la contraddistingue e a cui ci ha abituati, in questa elegante e personale raccolta di emozioni, fa spaziare il suo sguardo lucido sul nostro tempo e lo illumina, come solo i più grandi scrittori sanno fare, parlando, tra l’altro, di amore, di delusioni, del sonno, di scrittura, di finzione, di ricordi, delle prime volte (“quelle a cui guardiamo con indulgenza eccessiva”), di dichiarazioni spontanee e di essere orgogliosamente italiana.
“Sono italiana e quando lo dico, perché scrivo in italiano, voglio dire che lo sono pienamente e insieme nell’unico modo in cui sono disposta ad attribuirmi una nazionalità. Gli altri modi non mi piacciono o mi spaventano, specie quando diventano nazionalismo, sciovinismo, imperialismo e si servono ignobilmente della lingua o per barricarsi coltivando una inutile quanto impossibile purezza, o imponendola con lo strapotere economico e con le armi. È accaduto, accade, accadrà, ed è un male che tende a cancellare differenze e perciò ci impoverisce tutti. Preferisco la nazionalità linguistica in quanto punto di partenza per dialogare, in quanto sforzo di passare il limite, passando oltre il confine, oltre tutti i confini, innanzitutto quelli di genere. Per questo gli unici miei eroi sono le traduttrici, i traduttori e adoro chi conosce l’arte della traduzione simultanea perché importano nazioni dentro altre nazioni, sono i primi a fare i conti con modi di sentire distanti”.
Nel ricordarci poi che possiamo essere molto più di ciò che ci è capitato di essere, la Ferrante ci parla di quello che è una vero e proprio spettro in agguato dietro la classificazione di vincenti e perdenti, ovvero “la paura del fallimento”. Ogni lista possibile, di buoni come di cattivi, “sono crudeli quanto arbitrarie” e lei – se potesse – dice che cancellerebbe ogni concetto come fallire, vincere, perdere, perché allo stato attuale “sono privi di qualsiasi fondamento oggettivo”. Non ama, infine, l’antropocentrismo: “non mi piace la tronfia pochezza degli umani che si considerano creature elette…l’animale uomo deve cercare nuovi equilibri”.
Il libro sarà presentato al Salone del Libro di Torino domenica 12 maggio alle ore 15,30 nella Sala Oro-Oval alla presenza di Saverio Costanzo, regista della fiction “L’Amica Geniale” andata in onda su Rai 1 e TIMVISION e negli Stati Uniti su HBO, e l’attrice Alba Rhorwacher che leggerà alcuni brani.