Berlino nel 1945-46, il luogo dove sono ambientati film e libri famosi: penso subito a Germania Anno Zero di Rossellini, e a "Il rogo di Berlino" di Helga Schneider. Eppure, in questo bel libro di memorie che Anne Wiazemsky dedica ai suoi genitori e ai loro amici, che vissero quegli anni difficili al numero 96 di Kurfursterdamm, aiutando i dispersi a rientrare in patria, non si respira quell’atmosfera tragica, quella cupezza che avvolse la città distrutta dai bombardamenti, affamata, disperata.
La scrittrice ci racconta sostanzialmente la storia di sua madre Claire, figlia dello scrittore francese Francois Mauriac, premio Nobel per la letteratura, ragazza borghese parigina, figlia di un padre troppo ingombrante, che si arruola nel corpo della Croce Rossa francese come autista di ambulanze, spinta dal desiderio di essere utile, di fare qualcosa di importante in un momento storico così difficile, rinunciando alle proprie comodità a agli indiscussi privilegi della sua condizione. Claire è una ventisettenne piena di fascino, forte, determinata, anche se preda di frequenti e dolorosissime emicranie che ne limitano le potenzialità; nell’appartamento dove la Croce Rossa ha stabilito la sua sede regna una grande armonia tra le ragazze francesi e gli operatori con i quali collaborano attivamente. Fra questi spicca il principe di origine russa ma ormai cittadino francese Ivan Wiazemsky, detto Wia, dotato di un fascino speciale, per il quale Claire lascia il precedente fidanzato e che sposerà, malgrado la differenza di origini, di cultura, di abitudini, di stili di vita, diventando presto madre della piccola Anne, Mon enfant de Berlin, come la chiama sua madre appena nata, e che è il titolo in francese del libro. La personalità di Claire, quella dei suoi genitori rimasti a Parigi in rue Theophil Gautier, la suocera, principessa Sophie, donnina esule dalla Russia, povera e nostalgica, i numerosi prigionieri, feriti, deportati che la Croce Rossa riesce a salvare e a rimpatriare, le lettere portate a mano tra Parigi e Berlino, la fame e il freddo dei berlinesi, i privilegi delle operatrici della Croce Rossa che comunque mangiano e si riscaldano, le code di problemi drammatici e ancora irrisolti che la guerra ha innescato, cani e cavalli, trasporti difficili su strade impervie e pericolose, rapporti politici e diplomatici, relazioni familiari intricate, tutto questo si legge nel libro, fatto soprattutto di lettere della protagonista Claire ai genitori e di riflessioni della figlia autrice, che con distacco e obiettività ricostruisce una storia personale che è soprattutto una storia europea, poco raccontata, poco ricordata.
“La ragazza di Berlino” è un romanzo-documento, un libro verità, che conserva il fascino di una storia d’amore raccontata con romantica partecipazione affettiva, in un linguaggio che resta tuttavia asciutto, diretto, pur se emotivamente coinvolgente.