In fondo siamo tutti Oni: cavernicolo rimasto congelato per cinquantamila anni e scongelato davanti a un supermercato. La nostra biologia non è cambiata in cinquecento secoli, potrebbe quindi aiutarci sapere di essere “solo dei cavernicoli in un mondo che è cambiato più in fretta di quanto la nostra mente e il nostro corpo si aspettassero”. Così la pensa Matt Haig nel suo Vita su un pianeta nervoso, un manuale spiccio di sopravvivenza a noi stessi.
Della serie conoscere per evitare o, almeno, tentare di arginare le nevrosi quotidiane che rendono le nostre vite sempre più ansiose. Usando un paragone, il prolifico 43enne scrittore inglese si serve della scrittura e delle sue riflessioni semplicemente “per far indietreggiare l’ansia come un criminale sotto i riflettori della polizia”. Le 408 pagine di questo moderno saggio non fanno paura. È ironico e profondo nel descrivere e raccontare attacchi di panico, ossessioni da controllo costante di social e mail: Matt Haig ha 260mila followers e contemporaneamente parla di “folla di noi stessi”.
Dopo il successo di Le ragioni per continuare a vivere, il giornalista inventa persino una tabella degli psicogrammi (pg), unità di misura per il peso psicologico avvertito da ognuno di noi: dover tenere un discorso equivale ad esempio a 1328pg, solo 50pg il nostro senso di colpa per non essere andati in palestra. Tutto ha un peso psicologico come la telefonata della banca 182pg così come accorgerci di aver postato un tweet con un errore di ortografia: ben 82 pag. Come sopravvivere? Qualche consiglio dal decalogo dei comandamenti che lo stesso autore confessa di seguire molto raramente: non rimandare un pasto o il sonno per rimanere su Internet, resistere agli algoritmi disattivando le notifiche pop-up, non cadere nel gioco dei rating: “Non giudicatevi sulla loro base perché per piacere a tutti dovreste essere la persona più insignificante sulla faccia della terra”. Un esempio pratico? William Shakespeare è probabilmente il più grande scrittore di tutti i tempi ma per Goodreads il suo punteggio medio è un misero 3,7. “Non perdere se stessi”. Come un mantra. Ricordando soprattutto che “la felicità non fa bene all’economia”; siamo continuamente spinti a essere insoddisfatti di noi stessi: corpi troppi grassi, troppo magri o troppo flaccidi.
COMPLETEZZA, consapevolezza, “meno è meglio” sono alcune delle parole chiave della riflessione su se stesso fatta da Haig che nei suoi capitoli (a volte composti di poche righe) in fondo accompagna – senza nessuna pretesa – i lettori lungo una via poco tortuosa: non possiamo usare tutte le applicazioni, non possiamo essere al corrente di tutte le notizie, non possiamo piacere a tutti, possiamo comprare di più, guadagnare di più, twittare di più, ma quanta felicità avremo ottenuto in più?
L’autore racconta di aver pensato al suicidio a 24 anni, di aver vissuto gli anni a seguire in terapia per ansia e panico. A 43 anni ammette come “la malattia abbia molto da insegnare alla salute”, prova solo a mettere in ordine ciò che sente rispetto al mondo intorno. Un disperato tentativo di rimanere lucido, umano e felice sul pianeta nervoso.