Terra violata, di Mohamed Mbougar Sarr (traduzione di Alberto Bracci Testasecca; Edizioni E/O) è un testo duro, dinamico, con un ritmo che inchioda il lettore sulle pagine, una dopo l’altra, che mette in luce ciò che accade quando il fanatismo religioso si espande a macchia d’olio. Il nord del Sumal (Paese inventato che ricorda in parte il Senegal, ma ancora di più il territorio nigeriano controllato da Boko Haram) è stato occupato dai feroci integralisti islamici della Fratellanza. La sharia diventa l’unica legge; comandati da Abdel Karim, i fondamentalisti mettono in atto barbarie, giustizia sommaria e repressione ai danni della popolazione. Un gruppo di intellettuali decide di dare vita a un giornale clandestino che porta all’arresto e alla tortura di chiunque legga o detenga una copia del foglio ribelle, ma che servirà a dare un barlume di speranza alle vittime, al popolo silenzioso che avanza a testa bassa.
Riprendendo e mischiando le pratiche dell’orrore di Daesh e delle organizzazioni jihadiste africane, Mohamed Mbougar Sarr scrive un manifesto di denuncia, rivendica la libertà di pensiero e crea un intreccio avventuroso, teso, con un finale che non lascia spazio alla fantasia ma che amalgama la verosimiglianza narrativa alla brutale realtà quotidiana. “La sofferenza aumenta con ogni fiotto di sangue che le schizza dal collo, gli spasmi e la sete la torturano. I suoi piedi sbattono a terra negli ultimi istanti di vita, il sangue forma una pozza in cui affoga il braccialetto del suo ragazzo. Muore, e possiede soltanto un foglio bianco che attesta che non ha diritto neppure alla sepoltura, con il pretesto che sia un’intrusa”.