La scrittrice Adélaïde Bon, a 27 anni, pubblica nel 2018 col suo primo romanzo, “La bambina sulla banchisa” la biografia personale, segnata dolorosamente dallo stupro subito all’età di 9 anni. Una rielaborazione dei diari tenuti da allora e in cui ha registrato la sua vita distrutta dalla violenza e gli sforzi per sopravvivere a essa lottando col proprio corpo, sottrattole dal controllo da un predatore seriale sadico, arrestato e condannato dopo 25 anni solo per una piccola parte dei suoi crimini.
Per il pedofilo sono stati solo pochi minuti di sfogo libidinoso dei suoi piaceri sadici, ma per Adélaïde è una vita ipotecata dalla sofferenza di un dolore che una bambina di 9 anni non aveva i mezzi e le capacità di comprendere se non emotivamente. Scarsa la memoria di quanto successo, ma forte le sensazioni di dolore, paura, ribrezzo bloccati da un disagio e da un vago senso di colpa che non le permetteranno di capire di avere diritto e bisogno di aiuto, fino all’età adulta, quando vi arriva quasi per caso.
Il diario racconta delle quotidiane lotte con la vita e con la morte, con un corpo posseduto dal predatore che vi ha posto il seme della paura che nel tempo si alimenta dei silenzi e dell’incomprensione.
La vita pubblica vede la maschera di una ragazza solare, gioiosa, attiva e vitale, ma la sua ombra è segnata dai disturbi alimentari, dagli attacchi di panico, dall’abuso di alcol e stupefacenti, dal bisogno di ferirsi e provocarsi dolore per contrastare quello interiore che ha colonizzato con angosce ingestibili ed esplosive il suo corpo, senza che lei possa difendersene. Solo il dolore e le sostanze le permettono di sopportarlo e a fatica segue un percorso di riconquista segnato dalla diverse psicoterapie, dalle terapie corporee, dai tentativi di addomesticare e di (ri)prendere il controllo del corpo con corsi di recitazione, trattamenti ed esperienze varie.
Solo l’identificazione e la condanna del mostro permette alla sua paura di diminuire; la paura di nuove aggressioni e delle continue minacce di centinaia di uomini che per ignoranza o per cultura la vedono come oggetto sessuale dei loro piaceri libidinosi.
Una testimonianza forte, dolorosa, senza mai cadere nel patetico. La testimone riferisce delle proprie sofferenze e dei suoi comportamenti disordinati senza vittimismi, con un distacco descrittivo, quasi didattico, che permette al lettore di empatizzare con lei. Il pregio dell’opera sta però soprattutto nel far capire l’incomprensibile; nel rendere bene i pensieri della bambina che non capisce cosa sia successo, dell’adolescente che non capisce cosa le stia succedendo e dell’adulta che non sa come difendersi dalle angosce interiori, ma, quasi istintivamente, imbocca a grande fatica un percorso di salvezza che dà coraggio, ma non ne nasconde lo scotto della sofferenza.
Una testimonianza dolorosamente coraggiosa e drammaticamente necessaria per fermare il mostro che non sa di esserlo e si sente vittima incompresa e in diritto di distruggere tante vite solo perché gli riesce facile. Una di quelle letture che non vorremmo dover leggere, ma che non devono lasciarci indifferenti.