Esiste ancora una letteratura italiana di sapori regionali forti, in qualche modo autonomi, diversi dall'impasto linguistico-antropologico nazionale (milanese-romano) in cui quasi tutta si è appiattita? Sì, almeno in alcune zone, anche felicemente marginali come le Marche, patria di forti e bizzarre personalità, dal grande Volponi al dimenticato e geniale Luigi Bartolini, dalla Dolores Prato scoperta di recente dai francesi per il suo grandissimo Giù la piazza non c'e nessuno (quodlibet) all'urbinate Alessio Torino e alla recente Giulia Corsalini di Recanati. Teobaldi ricorda in qualcosa Tonino Guerra, romagnolo di confine, ma sembra di lui più sereno; parla del passato con amore e sapore raccontando in questa nuova prova il mondo di ieri, dalle parti di Pesaro, a una nipotina a cui vuol far apprezzare la solida compattezza di un ordine sociale che permetteva movimento ed esperienza, a partire da radici ben salde. Tra padroni fattori mezzadri, artigiani e commercianti, renaioli e pescatori, muovendosi su corriere vetuste e su amate biciclette in uno spazio collinare aperto sul mare, largo e odoroso. Tra quotidianità e affabulazione tra sogni modesti e incontri ' imprevisti, è un godimento leggere le pagine di Teobaldi, senza dover provare nessuna vergogna per la nostalgia.