Davvero sorprendente per la sua reale crudezza il libro autobiografico della francese Adélaïde Bon, La bambina sulla banchisa (Edizioni e/o, pp. 201, € 16) che racconta di come fu stuprata ad appena nove anni, nell'elegante palazzo dove abitava, da un pedofilo già stupratore seriale. L'orrenda esperienza mutò radicalmente la vita della piccola Adélaïde perché, come ci spiega lei stessa, la violenza subita la marchiò in modo indelebile.
Recuperare la normalità per tutti coloro che sono stati stuprati è un'impresa complicata e dolorosa, perché il mostro che rapisce le esistenze non se ne andrà mai del tutto.
Lo spiega bene l'autrice che, in quella bella giornata di maggio del lontano 1990, perse per sempre il suo diritto alla vita. Sono libri come questi che gridano il dolore delle vittime di stupro mai risarcite emotivamente sino in fondo a obbligarci a riflettere su un problema enorme e tante volte sommerso; perché l'atto subito colonizzerà la vittima e le impedirà di essere se stessa e sarà l'origine di una terribile confusione fra lei e l'aggressore. Sarà possibile liberarsi dal male subìto, ssolo con l'aiuto di un esperto in disturbi traumatici.