Quando sondano una frana, i geologi adoperano una serie di strumenti (piezometri, fessurometri, estensimetri, inclinometri) che registrano variazioni minime delle condizioni del terreno; se posizionati strategicamente in punti sensibili del fronte franoso, consentono allo scienziato di ricostruire i movimenti della frana nel suo complesso. Ne L’ordine del giorno, Éric Vuillard compie esattamente questo: il monitoraggio di uno smottamento storico e politico epocale – l’ascesa del nazismo – tramite la registrazione di dati di piccola, talvolta microscopica entità.
Ciascuno dei capitoli del romanzo mette a fuoco un episodio che rivela una variazione anche piccola, anche microscopica, dei rapporti di forza fra i soggetti in campo.
Si può trattare di una certa nota dell’atteggiamento del Ministro degli esteri britannico Lord Halifax durante una visita ad Herman Göring – la boria aristocratica che Lord Halifax condivideva con buona parte della classe dirigente inglese. Vuillard osserva come bastino a Göring poche mosse per sfruttare quel classismo, ottenendo da parte di Halifax, e quindi del governo britannico, una posizione comprensiva nei confronti dell’anticomunismo e delle politiche discriminatorie del regime nazista.
Si può trattare della verniciatura formale del tentativo di sequestro ed estorsione subito dal cancelliere tedesco Schuschigg, al quale Hitler fa pressioni affinché firmi i documenti necessari a spianare la strada all’Anschluss (l’annessione dell’Austria da parte della Germania nazista). Vuillard nota:
«È curioso vedere come i tiranni più convinti rispettino vagamente le forme fino in fondo come se volessero dare l’impressione di non forzare le procedure mentre calpestano apertamente tutte le consuetudini. Si direbbe che la potenza non basti e che provino un piacere supplementare a obbligare i nemici a compiere un’ultima volta, in loro favore, i rituali dello stesso potere che stanno abbattendo.» (p. 70)
Si può trattare della mura disperazione dei cittadini austriaci che, all’indomani dell’Anschluss, si tolgono la vita, stroncati non dall’invasione tedesca ma dall’entusiasmo con cui molti loro concittadini l’hanno accolta.
«La sua morte si limita a tradurre quello che ha provato, la grande infelicità, la realtà odiosa, il suo disgusto per un mondo che davanti ai suoi occhi esibiva la sua nudità assassina, perché in fondo il delitto era già contenuto nelle bandierine, nei sorrisi delle ragazze, in tutta quella primavera perversa. E nel fervore scatenato, Helene Kuhner ha dovuto sentire l’odio e il tripudio.» (p. 125)
Vuillard ne racconta molti, di questi piccoli episodi ai margini della grande Storia, all’apparenza insignificanti come la maggior parte delle piccole interazioni del quotidiano, ma che nel complesso – osservati con la visuale del geologo – sono rivelatori di una grande trasformazione in atto:
«Le più grandi catastrofi si annunciano spesso a piccoli passi.» (p. 75)
Non sempre la prosa di Vuillard è efficace, ma la sua idea è potente e fa venire i brividi e battere i denti – e indica un modo in cui andrebbero letti i giornali giorno per giorno, a maggior ragione nel nostro tempo di insicurezza, violenza retorica, e crisi del rapporto fra società e liberaldemocrazia. Sebbene per molti versi imperfetto preso come narrazione a sé stante, come creazione letteraria, L’ordine del giorno continua a risuonare fuori dal mondo del romanzo; è una sassata in una vetrina del modo di stare al mondo di chi lo legge.