Pubblicato in Italia da Edizioni e/o nel 1998 con traduzione a cura di Barbara Ferri, Casino Totale di Jean-Claude Izzo è il libro che recuperiamo oggi al Thriller Café.
Casino totale (seguito da Chourmo e Solea) apre La Trilogia Marsigliese (meglio conosciuta come La Trilogia di Fabio Montale) che ha regalato a Jean-Claude Izzo l’appellativo di fondatore del genere noir mediterraneo grazie alla bellissima ambientazione nella città di Marsiglia, durante gli anni ’90.
Marsiglia è la seconda protagonista di questo romanzo e Izzo, che ci è nato e morto prematuramente nel 2000 a soli 55 anni e la dipinge come una città dura, quasi maledetta, chiusa in sé stessa, capace di crearti molti problemi ma anche di regalarti momenti di smisurata poesia e felicità.
Negli anni della Trilogia, Marsiglia vive un periodo di grande confusione dopo un intenso sviluppo economico che ha portato algerini, arabi, italiani e altri emigranti a trasferirsi qui in cerca di lavoro, soprattutto nel quartiere del porto, e di stabilità per le proprie famiglie.
Purtroppo le differenze tra beurs (nati in Francia ma da genitori arabi immigrati), nabos (napoletani), babis (italiani del Nord) e le altre etnie non consentono alle nuove generazioni di poter vivere una vita senza pregiudizi e tanti crescono allo sbando, senza un’istruzione o un lavoro e non rimane altro che fuggire o entrare nel milieu, l’ambiente della malavita.
Figli di immigrati sono anche Manu, Ugo e Fabio. Tre amici nati tra la polvere e la miseria dei vicoli del porto e diventati grandi tra sogni, vizi, rapine e l’amore per la stessa donna, Lole.
Anni dopo, Manu rimane ucciso durante un colpo andato male ma qualcosa non quadra.
Ugo, fuggito dall’altra parte del mondo per trovare un senso alla sua vita, torna per vendicare l’amico e tentare di riaggiustare il suo cuore sognando una vita con Lole ma s’imbatte in una vicenda più grande di lui diventando una semplice pedina sacrificata sulla scacchiera della malavita marsigliese.
A Fabio, diventato un singolare poliziotto che cerca di ricomporre i cocci di una vita lasciata allo stato brado, non resta che farsi coraggio, uscire dal guscio e indagare sulle loro morti.
Ero l’ultimo. Colui che ereditava tutti i ricordi. Poteva un poliziotto andare oltre la legge? O accontentarsi della giustizia? E chi si preoccupava della giustizia quando si trattava solo di delinquenti? Nessuno.
Mentre Fabio si immerge nelle zone più buie della malavita cercando di capire chi e perché ha ucciso i suoi due amici fraterni, viene chiamato dal padre di Leila, una ragazza francese (araba di seconda generazione) che ha frequentato e che è scomparsa da qualche giorno senza avvisare né lasciare alcuna traccia. Le indagini proseguono parallelamente e questo porterà Montale ad addentrarsi fin troppo nelle guerre tra clan marsigliesi, regolamenti di conti, leggi scritte e non scritte, e, grazie anche al prezioso aiuto di Babette, giornalista d’inchiesta che parla schietto e non concede sconti, capirà tutto e arriverà fino in fondo, in un crescendo di colpi di scena e delusioni, facendo giustizia a modo suo e lasciandoci nel finale di questo primo capitolo della Trilogia un senso di spaesamento e commozione.
Fabio Montale non è ironico, non è depresso, non è scontroso. E’ un solitario, amante del mare, della musica e della poesia. E’ uno dei tanti disperati che osservano la vita cercando di fare la cosa giusta anche quando, per farlo, supera il limite della propria incolumità.
La sensualità delle vite disperate. Solo i poeti possono parlare così. Ma la poesia non ha mai dato risposte, testimonia, e basta. La disperazione e le vite disperate.