Keiko ha trentasei anni, è single ed è socialmente riconosciuta come una donna “strana”. Non ha alcun interesse di tipo sentimentale o sessuale, non le piace fare le cose che piacciono alle donne della sua età, non ha aspirazioni di tipo professionale. Questa sua diversità non mette a disagio lei quanto, piuttosto, le persone che fanno parte della sua vita, come la sua famiglia e le sue amiche, preoccupate dal suo fare piuttosto noncurante nei confronti della società che la circonda.
È per questo motivo che Keiko decide di fingere una normalità che non le appartiene e di vivere la propria vita in modo da mostrarsi al mondo intorno a lei come una ragazza come le altre. Trova lavoro in un konbini, abbreviazione di convenience store, una sorta di supermercato aperto h24 e sette giorni su sette, che per i ritmi stressanti e l’impossibilità di far carriera al suo interno, è il luogo di lavoro ideale per giovanissimi che hanno bisogno di qualche soldo per pagarsi gli studi ma risulta essere una scelta poco indicata per un adulto che ha bisogno di provvedere da sé alla propria vita. Per portare avanti questa vera e propria pantomima la giovane donna si prepara a rispondere a eventuali domande sul suo stile di vita con frasi confezionate a mente fredda che la giustifichino il più possibile agli occhi di osservatori indiscreti. La messinscena sta in piedi fino al momento in cui nel konbini viene assunto il suo coetaneo Shiraha, giovane poco avvezzo alla vita sociale, alla condivisione degli spazi e al lavoro in generale.
Questa è, in soldoni, la trama del nuovo libro di Sayaka Murata, La ragazza del Convenience Store edito in Italia da Edizioni e/o.
La giovane scrittrice nipponica prende spunto, per il suo racconto, da esperienze personali, avendo essa stessa lavorato in un konbini e conoscendo perfettamente, dunque, le dinamiche che si muovono al suo interno. Il romanzo si propone come una vera e propria denuncia sociale: l’autrice sottolinea come spesso la diversità non venga accettata neanche dalle persone a noi più care e di come questo ci porti a doverci fingere diversi da come siamo pur di piacere agli altri e di non sentirci isolati o anche solo giudicati.
La Murata, inoltre, pone l’accento anche sull’estremo sessismo che ancora oggi si avverte in Giappone, descrivendo il disagio vissuto dalla protagonista, donna single di 36 anni che si trova a dover giustificare il suo stile di vita con le sue coetanee, stupite dal fatto che non solo alla sua età non abbia ancora preso marito, ma, soprattutto, che sembri non averne assolutamente alcuna intenzione. La figura della donna in Giappone, nonostante ci si trovi nel XXI secolo inoltrato, sembra ancora dover essere subordinata a quella dell’uomo, altrimenti l’intero senso dell’esistenza stessa viene messo in dubbio.
Paradossalmente, dunque, Keiko, che viene presentata come una figura un po’ distaccata dalla realtà, anaffettiva o comunque quasi totalmente priva di sentimenti, dimostra di essere il personaggio più umano se rapportato alla pletora di uomini e donne socialmente accettati e, tuttavia, assolutamente incapaci di calarsi nei panni del prossimo solo perchè diverso da loro.
Lo stile e il linguaggio utilizzati dalla Murata sono a dir poco peculiari: la sua scrittura sembra asettica, quasi priva di inflessioni; non dimentichiamoci che la voce narrante è quella della stessa protagonista, Keiko, e che, quindi, c’è la volontà di porre l’accento sul suo carattere e il suo modo di essere e pensare. Agli occhi di chi legge, però, questa asetticità viene sostituita, man mano, da una brutalità e, in alcuni passi, quasi da una violenza, che investono la giovane donna e che costituiscono un vero e proprio climax ascendente.
Il libro è assolutamente consigliato a tutti coloro che amano la letteratura giapponese e a chi si sente diverso dalla massa e ha bisogno di riscattarsi un po’.