Uno scrittore decide di raccontare l'Anschluss, ovvero l'annessione dell' Austria, nel 1938, da parte della Ge1mania di Hitler. Normalmente la penna parte verso il romanzo storico. In L'ordine del giorno, vincitore in Francia del premio Goncourt nel 2017 e ora pubblicato da E/O (traduzione di Alberto Bracci Testasecca, pp.137, euro 14) Éric Vuillard (nella foto) fa un'altra cosa. Guarda l'evento, in questo caso un evento immenso, ma dal buco della serratura, ingrandendo, più che ricostruendo, certi passaggi "minori" che i libri di storia non registrano, e che i romanzi storici normalmente usano, se li usano, in modo funzionale alla "trama".
La trama qui non serve, la trama avrebbe creato impiccio: qui ci sono per esempio ventiquattro famosi capi di industria tedeschi, «ventiquattro cappelli di feltro» che in un freddo pomeriggio del febbraio 1933 salgono la scalinata del Reichstag per annunciare il loro appoggio al partito nazista in vista delle elezioni del 5 marzo; ma non è chissà quale evento, bensì una banale raccolta fondi». Quattro anni dopo ecco l'inglese Lord Halifax recarsi in visita da Goring, l'inventore della Gestapo: «Si vedono tutti e due, in un breve filmato, ammirare il parco dei bisonti in cui il nazista, estremamente disinvolto, dispensa lezioni di benessere».
Si giunge all'11 marzo 1938, il giorno dell'annessione, e l'Europa che fa? «Verso le 11 del mattino, mentre il Presidente della Repubblica francese Albert Lebrun sigla un decreto relativo alla denominazione di origine controllata del juliénas (...), a Vienna il cancelliere Schuschnigg riceve un ultimatum da Adolf Hitler. O ritira la proposta di plebiscito o la Germania invade l'Austria. (...). Alle quattordici, dopo aver saltato il pranzo, Schuschnigg annulla finalmente il plebiscito».
E noi sappiamo, da quel momento in avanti, cos'è successo ottant'anni fa. Ma non sapevamo con quanta banalità, quanta pochezza, le catastrofi posso accadere. O forse sì?