Alla Fiera del Libro l'Aie lancia l'allarme. L'unico segnale incoraggiante: l'incremento dei libri nella nostra lingua pubblicati da editori stranieri con il successo di Elena Ferrante. E in vista del 2023 quando l'Italia sarà Paese ospite il ministro Bonisoli auspica un'alleanza tra imprenditori e istituzioni.
Per adesso ci pensa lei, L'amica geniale, ma da qui a cinque anni qualcosa dovremo inventarci. Promossa dall'Istituto Italiano di Cultura di Berlino, la mostra Dov'è Elena Ferrante? occupa uno spazio abbastanza vistoso a pochi passi dallo stand collettivo dell'Associazione italiana editori (Aie), che anche quest'anno coordina la presenza di molte sigle piccole e medie all'interno della Buchmesse. Le fotografie scattate da Ottavio Sellitti per le strade del rione Luzzatti, il quartiere napoletano da cui prende le mosse la saga della scrittrice misteriosa, sono un omaggio al best seller italiano che ha conquistato i lettori di mezzo mondo, ma nello stesso tempo possono essere interpretate come un avvertimento. Il fascino di queste immagini, infatti, viene dal fatto di evocare un'assenza. Qualcosa che manca, qualcosa – nella fattispecie – che all'editoria italiana ancora manca.
Che cosa, esattamente? I lettori, verrebbe da rispondere scorrendo i dati presentati ieri a Francoforte dall'Ufficio dell'Aie. Non è una novità, d'accordo, ma che la situazione non dia segno di evolversi resta comunque allarmante. Nel commentare la ricerca il presidente dell'Aie, Ricardo Franco Levi, ammette che il 2018 rischia di interrompere la serie positiva degli ultimi anni, nei quali il settore aveva manifestato segni di ripresa sempre più apprezzabili. Ora come ora le vendite segnano una flessione valutabile tra lo 0,2 e lo 0,4%, rispetto alla quale si può solo sperare che l'ultimo trimestre dell'anno – tradizionalmente più fruttuoso dei precedenti – permetta di rimettere in ordine i conti. Per il momento, però, l'unica consolazione viene dal mercato estero. Nel 2017 i libri italiani pubblicati da editori stranieri hanno fatto registrare un incremento del 10,1%, contribuendo così a ridurre il divario tra importazione ed esportazione (per la precisione, sono stati ceduti all'estero i diritti di 7230 titoli, mentre quelli tradotti da altre lingue sono stati 9290). Un segnale incoraggiante, che deriva almeno in parte proprio dal fenomeno Elena Ferrante. Amatissima negli Stati Uniti come in Germania, la quadrilogia edita da e/o ha contribuito a suscitare interesse attorno agli autori italiani, indicando una direttrice che potrebbe rivelarsi particolarmente produttiva da qui al 2023, quando l'Italia sarà il Paese ospite della Buchmesse.
Una prospettiva, questa dei prossimi cinque anni, che dovrebbe fondarsi su un'alleanza tra imprenditori e istituzioni. È l'auspicio espresso anche dal ministero dei Beni e delle attività culturali, Alberto Bonisoli, intervenuto ieri all'inaugurazione del Padiglione Italia. «Alla Buchmesse del 2023 dovremo fare qualcosa di eccezionale – annuncia – e per questo ci stiamo già mettendo al lavoro». Un aspetto che, a quanto pare, il Governo intende valorizzare è quello delle rappresentanze territoriali. Quest'anno a Francoforte partecipano quattro delegazioni regionali e per Bonisoli si tratta di una formula su cui insistere, anche a garanzia delle realtà medio-piccole che altrimenti faticherebbero a sostenere i costi della trasferta. Secondo i dati Aie, del resto, non sono gli editori a fare difetto: quelli attualmente in attività son ben 4902, 755 in più rispetto al 2010, quando anche il mondo del libro italiano fu investito dalla crisi globale. Il problema è rappresentato, ancora una volta, dalla carenza di lettori. Levi ricorda come l'Aie faccia la sua parte, attraverso iniziative quali "Io leggo perché" («una specie di Telethon del libro», la definisce, grazie alla quale negli ultimi quattro anni le biblioteche scolastiche hanno ricevuto in dono 500mila volumi). «A livello legislativo – aggiunge il presidente degli editori – la misura più efficace è stata la cosiddetta App18, un provvedimento che ci auguriamo venga riproposto dall'esecutivo in carica». La richiesta viene accolta da Bonisoli: «Molto probabilmente il nome sarà diverso – spiega – e anche il meccanismo sarà modificato. Abbiamo allo studio una app vera e propria, che si possa usare in maniera semplice non solo nei negozi online, ma anche nelle librerie tradizionali, individuate in tempo reale con un sistema di geolocalizzazione».
In vista del 2023, però, i nodi da sciogliere sono ancora molti. Uno riguarda l'incertezza che in questa fase accomuna il Salone del Libro e Tempo di Libri, la manifestazione alternativa organizzata a Milano dall'Aie nel 2017 e nel 2018. Sull'eventuale edizione 2019 Levi non scioglie ancora la riserva («Ne riparleremo a fine ottobre», ripete), mentre per quanto riguarda la kermesse torinese Bonisoli torna a proporre l'ipotesi del vincolo di tutela che il ministero sarebbe pronto ad attuare relativamente al marchio e all'archivio. «Nessun protezionismo – spiega –, ma la volontà di tutelare un patrimonio messo in pericolo dal fallimento della Fondazione che finora ha gestito il Salone».
Più delicato ancora è il versante delle traduzioni, evocato dallo stesso Bonisoli. Per presentarsi preparata all'appuntamento del 2023, l'Italia avrebbe bisogno di un programma di incentivo e di sostegno simile a quelli di cui dispongono la maggior parte dei Paesi europei. La stessa Georgia, Paese ospite d'onore dell'edizione in corso, si è dotata solo da qualche anno di un Centro nazionale per il libro, che però si è dimostrato molto intraprendente. In vista della Buchmesse 2018, per esempio, sono stati pubblicati in Germania più di 150 titoli di autori georgiani. Elena Ferrante starà anche facendo molto per l'Italia, ma un'amica sola, per geniale che sia, non può arrivare dappertutto.