(...) L'autore, il tedesco Martin Mosebach (1951), mi risulta essere molto stimato in patria. Tuttavia, non avevo finora letto nulla di suo, essendo "Mogador" il primo titolo dello scrittore a vedere la luce anche in italiano. Il testo è un curioso miscuglio di suggestioni e idee differenti: racconto di idee con qualche citazione musiliana (il protagonista viene definito "uomo senza volontà"); storia che riesuma un certo gusto orientalista d'antan (Mogador è il vecchio nome della città marocchina dì Essaouira); per non parlare delle strizzate d'occhio alle cronache (la vicenda prende avvio da una truffa finanziaria globale) e le allusioni a quel genere di letteratura di ambiente internazionale e socialmente elevato, che una volta annoverava autori come Evelyn Waugh (a cui Mosebach è legato dalla riscoperta della fede religiosa) o William Somerset Maugham. I due perni attorno a cui ruota la complicata vicenda bancaria & milionaria sono i personaggi del giovane, tedesco e non del tutto cinico Patrick Elff, che sembra scivolare nei loschi affari di cui sopra più per una resa allo spirito del tempo che non per una propria volizione criminale, e Khadija, la donna marocchina un po' santa (o almeno stregona) e un po' puttana, nella cui casa Patrick trova rifugio, in fuga dalla girandola di scandali che si lascia alle spalle e che arrivano a lambire il semileggendario Monsieur Pereira, primo motore immobile del plot. Con una certa sfumatura suspense, sottolineata dal continui flashback che illuminano la storia di Patrick e quella di Khadija, rendendole insieme plausibili e misteriose, il romanzo non rinuncia a un'ambizione letteraria, che lo strappa alla moda (ormai insopportabile) del giallo e del noir.