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«L’ordine del giorno» di Eric Vuillard

Autore: Elisabetta Bolondi
Testata: Sololibri
Data: 3 ottobre 2018
URL: https://www.sololibri.net/L-ordine-del-giorno-Vuillard.html

Sedici brevi capitoli, spunti di riflessione storico-politici, ironia tagliente, questi gli ingredienti che lo scrittore e uomo di cinema francese Eric Vuillard mescola nel libro breve e fulminante che intitola “L’ordine del giorno”. Questo si riferisce all’incipt del libro, che racconta da vero “regista”, con immagini potenti una riunione segreta che si tiene a Berlino il 20 febbraio 1933. Sono invitati i più importanti rappresentanti della finanza e dell’industria tedesca, quelli che tengono su l’economia della Germania dopo la sconfitta della Prima Guerra Mondiale ed il punitivo trattato di Versailles.

I loro nomi erano e sono tuttora noti, Krupp, Opel, Flick, la riunione segretissima è presieduta dal presidente del Reichstag, Goering. Dopo poco fa la sua comparsa Adolf Hitler, “sorridente, rilassato, niente affatto come se lo immaginavano, affabile, addirittura cordiale”. A quegli uomini austeri, vestiti elegantemente, sigari preziosi, cappelli e monocoli, il neo cancelliere chiede contributi economici sostanziali per il suo rivoluzionario progetto politico illiberale. Si tratta di una raccolta di fondi che per i grandi magnati tedeschi non è una vera novità. Tutti sono convinti che sia una tassa da pagare, la pagheranno, e sopravviveranno a quel regime, finanziando in futuro altri governi, altri partiti.

La lucidità con la quale Vuillard affronta i nodi storici del periodo più nero della storia europea, prosegue con il racconto dell’Anschluss. Episodi poco noti ai lettori pur competenti, il ruolo in parte complice dei governanti inglesi, che si lasciano irretire dalla spregiudicatezza dell’ambasciatore Ribbentrop per troppa educazione, mentre l’Austria viene invasa, la tragedia della classe politica austriaca, rappresentata da un cattolico conservatore, Schuschnigg, che al cospetto di Hitler si presenta vestito da sciatore, non avendo compreso lontanamente la potenza schiacciante del suo interlocutore, consegnando il suo paese alla belva nazista, che solo nei giorni dell’invasione, apparentemente pacifica, come testimoniano i cinegiornali e le foto d’epoca, finì in un bagno di sangue: ebrei deportati a migliaia, oltre mille suicidi in una sola settimana. Una delle pagine più esilaranti del crudo racconto di Vuillard è il backstage dell’entrata in Austria delle truppe corazzate tedesche, impantanate nel fango, bloccate da guasti meccanici, incapaci di proseguire la loro falsa marcia trionfale: la famosa Blitzkrieg alle sue prove generali fu un flop, anteprima della tragedia di Stalingrado.

Un libro intelligente, pieno di aneddoti inediti, intriso di una lingua tagliente, acuminata, sarcastica. Il dramma europeo letto e studiato, viene qui completato dai nomi delle industrie tedesche che si arricchirono con la manodopera dei deportati schiavi. Auschwitz, Mauthausen, Dachau, Flossenburg, Buchenwald, Ravensbruck, quei nomi che evocano morte, hanno prosperato e fatto prosperare la Bayer, l’Agfa, la Daimler, la Krupp-Thyssen, la Shell, la Siemens, la Telefunken, nomi di marchi che tuttora assicurano il nostro benessere, di cui potremmo chiedere a prezzo di quanto sangue innocente. Nel libro compaiono nomi importanti, Walter Benjamin, Rossellini, Chamberlain; viene rievocato il processo di Norimberga, si ripercorre storia con l’intento di affrontarla in modo insolito, magari anche raccontando una cena tragicomica a Downing Street, o rievocando l’improbabile incontro tra Hitler e il patetico Schuschnigg. La metafora dell’intero racconto è racchiusa nella foto di copertina: Gustav Krupp, elegante soprabito scuro, scarpe lucidissime, guanti, cappello in mano, espressione sorridente: la banalità del male.