Il romanzo di Éric Vuillard, L'ordine del giorno (traduzione di Alberto Bracci Testasecca, e/o, pp. 144, euro 14,00), vincitore della scorsa edizione del Goncourt, mi ha richiamato alla memoria un libro letto tanti anni fa, Hitler mi ha dettodi Hermann Rauschning, che si presentava come un diario in cui l'allora presidente del parlamento di Danzica riferiva di una serie di incontri con Hitler. L'autore vi riportava fedelmente, a suo dire, molti discorsi farneticanti del Fürher, che prefiguravano in maniera agghiacciante la tragedia a venire.
Gli storici hanno poi dimostrato che anche quello di Rauschning era un "romanzo", forse compilato a più mani. Quanto al libro, di Vuillard, che sarebbe appropriato definire "racconto storico", perché la fedeltà ai fatti è documentata, l'autore rivendica la libertà della letteratura di smontare e rimontare la storia, aggregandoli attorno ad un evento cruciale ed emblematico, che segna un punto di non ritorno nella politica di Hitler, l'annessione dell'Austria al Reich, nel marzo 1938.
Hitler gioca d'azzardo, e agli avversari, spiazzati, non resta che protestare debolmente e accettare il fatto compiuto. Così la Germania si mangia pezzi dell'Europa, mentre i governanti delle grandi potenze continuano (come viene raccontato in maniera beffarda nel romanzo)a sbrigare i loro piccoli adempimenti quotidiani. Sono numerosi i capitoli in cui si evidenzia la pochezza degli uomini di governo europei del tempo, in particolare inglesi e francesi, ma ce n'è uno, intitolato Visita di cortesia, che ne rappresenta l'essenza.
Racconta il viaggio in Germania del conte Halifax, presidente del Consiglio inglese, nel novembre del 1937, dove incontra, in un crescendo carnevalesco, prima Göring, ministro del Reich, poi Hitler, senza trovare nulla da obiettare alla loro politica violenta, delirante, malata, riassunta punto per punto nel testo. Halifax «non vede nulla», o fa finta, in nome di quella //politica di appeasement che lascerà correre su tanti soprusi. Se i politici sono al centro della scena, dietro le quinte si muovono i veri burattinai della storia, che sopravvivono a tutti i disastri, più forti che mai.
Non a caso, il romanzo si apre e si chiude con i protagonisti di un simposio avvenuto il 20 febbraio 1933: ventiquattro personaggi dell'economia e dell'alta finanza incontrano Göring e Hitler, appena nominato cancelliere, e dicono sì al finanziamento del partito nazionalsocialista per le elezioni di marzo. Li ritroveremo alla fine della storia, pronti a servire nuovi padroni, dopo essersi oscenamente ingozzati dei miseri resti delle vittime di una follia collettiva. Sono maschere grottesche, eppure reggono nelle loro mani i destini del mondo.
Scandito come una sequenza tragica, venata di burlesco, il racconto di Vuillard è apparentemente semplice, non rivela risvolti ignoti della storia, ma ci costringe a prendere coscienza di come, tappa dopo tappa, si possa precipitare nell'abisso e di come l'abisso possa diventare attrattivo.