Se ogni adattamento televisivo è una sfida nei confronti dell’originale, quello di L’amica geniale è un’impresa da far tremare i polsi. RAI Fiction e HBO affrontano un titolo che punta ad essere uno spartiacque televisivo e cinematografico. Per la televisione pubblica italiana è un’occasione forse irripetibile per portare avanti un lento processo di internazionalizzazione dei prodotti televisivi made in Italy, proseguendo sulla strada de I Medici.
Basta però guardare qualche minuto del primo episodio Le bambole per capire che l’approccio è radicalmente differente: niente star internazionali, niente patinature glamour, niente prospettiva statunitense. D’altronde la posta in gioco è molto più alta, con gli occhi di tutto il mondo puntati sul progetto. I lettori vogliono vedere Lila e Lenù, certo, ma si aspettano di farlo in una cornice puramente italiana, il più possibile fedele allo spirito del romanzo. Quell’Italia del dopoguerra, povera e dura, da cinema neorealista, totalmente fuor di stereotipo; quella che li ha conquistati in prima battuta.
I primi due episodi di L’amica geniale saranno proiettati in anteprima al cinema da Nexo Digital in una tre giorni che coinvolgerà 260 sale su tutto il territorio italiano. L’appuntamento è il 1, 2 e 3 ottobre 2018.
Si sbaglia chi pensa che il peso di HBO sia determinante nell’influenzare il risultato finale. L’amica geniale è un adattamento italianissimo per costruzione e produzione, che per spirito ricorda i grandi sceneggiati in bianco e nero degli albori del servizio pubblico (L’Odissea, I promessi sposi, il Gino Cervi del Commissario Maigret) e prodotti senza tempo e confini come come La Piovra e Il commissario Montalbano. La sfida non è solo quella di portare degnamente Elena Ferrante in TV, ma di farlo con un prodotto che soddisfi tutti: chi deve ancora fare la conoscenza di Lila e Lenù e chi ne ha decretato il successo editoriale.
L’enorme traguardo di questo adattamento di L’amica geniale (il primo romanzo della quadrilogia napoletana di Elena Ferrante) è di parlare a tutti. Al pubblico delle fiction riserva un grande racconto, drammatico e appassionante, con uno sforzo produttivo imponente. Ai lettori più esigenti però restituisce intatta non solo la morfologia del rione e la fisionomia dei volti, ma anche la complessità profonda della scrittura di Elena Ferrante, le contraddizioni e le sfaccettature delle protagoniste. L’amica geniale è un adattamento più che rispettoso della forma: va a caccia dell’essenza delle pagine, tentando di portarla sullo schermo. Ci riesce quasi sempre in Le bambole e I soldi, ben oltre le più rosee aspettative.
Al Festival del cinema di Venezia le prime due puntate, proiettate in anteprima mondiale sullo schermo dello Sala Darsena, non hanno sfigurato con il resto del concorso e anzi, avevano il sapore dell’evento speciale. Lo dico da lettrice, lo dico dopo aver camminato con Lila e Lenù per il rione, dopo aver sentito la voce di Elena Greco (Alba Rohrwacher) ormai adulta e disillusa, tentare di venire a capo del mistero mai risolto del rapporto con l’amica di una vita.
La produzione è imponente e puntigliosa fino alla pedanteria. Il rione è stato ricostruito su una superficie di ventimila metri quadrati, popolato da 150 attori e 5000 comparse. Abbiamo letto dei casting infiniti per trovare le facce giuste per Lila e Lenù. Le due giovanissime attrici Ludovica Nasti ed Elisa Del Genio sono il più possibile filologiche, ma a colpirmi è stato il parterre di volti scavati dalle rughe, dalle asperità della vita, dalla violenza del rione. Non c’è – fatto rarissimo – ingentilimento o abbellimento di sorta nel cast né nei costumi. Lila e Lenù sono vestite con abitini di grana grossa, artigianale, che sottolineano quanto anche nella miseria ci sia una scala sociale: Lila è sudicia, la sua bambola e i suoi vestiti ben più miseri e lisi di quelli dell’amica.
Qua e là l’impressione di essere in un set c’è, perché il Rione nella fotografia dorata non sempre prende vita. Il livello di dettaglio scivola talvolta nella pedanteria del miniaturista. Per i lettori puntigliosi sarà però una gioia ritrovare tutto, dalle bambole di pezza al sudiciume sul volto di Lila, dall’austero grigiore delle palazzine fotocopia alle spettatrici silenziose sui davanzali, pronte a osservare e giudicare le disgrazie altrui su pubblica piazza.
A livello formale tutto funziona e bene: significa aver compreso la complessità della partita, non certo averla vinta. Qui però entra in gioco l’artefice stessa, Elena Ferrante. Come sottolineato in conferenza stampa, è la sua la mano silenziosa che ha guidato l’operazione, attraverso contatti via email giornalieri con i produttori e gli sceneggiatori. Francesco Piccolo E Laura Paolucci hanno parlato di questo scambio epistolare giornaliero, della puntualità e la precisione con cui l’autrice ha lasciato la sua impronta anche sulla serie TV, correggendo e consigliando come una maestra d’altri tempi.
D’altronde è stata proprio lei a suggerire alla casa editrice il nome a cui proporre l’impresa: Saverio Costanzo. Lettore della quadrilogia da tempi non sospetti, quando per la critica italiana era un’onta apprezzarne la qualità poi esaltata da Jonathan Franzen e Elisabeth Strout, il regista ha avuto il coraggio di dire sì alla chiamata di Edizioni e/o.
La sua conduzione sfiora il cinematografico, è puntuale e di taglio classico. Non è una regia di grande personalità, ma ha un suo punto di vista, una sua attenzione: quella all’istruzione. Nelle prime due puntate alla violenza che permea il rione come un miasma – e la sua pervasività in ogni abitante è ancor più impressionante su grande schermo – la corsa all’istruzione sta al centro delle vicende. A Costanzo interessa particolarmente mostrare che le due bambine intuiscano inconsciamente quanto l’ingresso alla scuola media sia l’ultima, forse l’unica via di fuga dalle logiche opprimenti e brutali della loro realtà quotidiana.
Saverio Costanzo quindi insiste sulla maestra, divisa tra i sentimenti umanissimi di favoritismo verso gli alunni e il fastidio quasi altezzoso di chi vorrebbe far sfuggire da un’ignoranza senza scampo chi ne avrebbe capacità e merito. Non è il maestro di Cuore, non è una Montessori dalla parte degli oppressi: come tutti nell’universo ferrantiano anche lei ha pulsioni opportuniste e pregiudiziali, mitigate dal lumicino della cultura.
Quello che ho visto a Venezia è insomma un adattamento solidissimo, di grande ambizione italiana, che spinge sulle motivazioni e le risorse giuste per essere orgoglioso di quello che fa. Qualche sbavatura c’è: le bellissime musiche di Max Richter (il tema della serie TV sembra già un classico) a volte sono utilizzate in maniera didascalica, mitigando l’impatto di quegli scoppi improvvisi di violenza che colgono invece il lettore alla sprovvista. Tutto sommato però è difficile immagine risultato migliore, tanto che si può persino concedere a Saverio Costanzo il diritto di infilare nel gran finale un omaggio smaccatissimo – ma sensato – a Roma città aperta.
L’amica geniale ha davvero tutte le carte in tavola per diventare un punto fermo dell’evoluzione televisiva italiana: è un prodotto di grande ambizione, di confezione senza tempo, di stampo classico, realizzato con cura. Non faticherà a sfondare il muro dei non lettori, a entrare ancor di più nell’immaginario collettivo. Finalmente anche in Italia. Per fortuna, probabilmente nel farlo non dovrà nemmeno scendere a patti con chi lettore lo è già.
Copyright del materiale fotografico promozionale – Eduardo Castaldo
L’AMICA GENIALE è una serie HBO-RAI Fiction e TIMVISION, prodotta da Lorenzo Mieli e Mario Gianani per Wildside e da Domenico Procacci per Fandango, in collaborazione con Rai Fiction, TIMVISION e HBO Entertainment, in co-produzione con Umedia. Tutti gli episodi sono diretti da Saverio Costanzo. Il soggetto e le sceneggiature sono di Elena Ferrante, Francesco Piccolo, Laura Paolucci e Saverio Costanzo. Paolo Sorrentino e Jennifer Schuur sono i produttori esecutivi. Fremantle è il distributore internazionale in collaborazione con Rai Com. Prossimamente la serie sarà su Rai 1, HBO e TIMVISION.