Diffidate della falsa recensione di Vogue schiaffata in copertina, evidentemente fatta da qualcuno che ha letto il libro fino a pagina 50.
Questo libro non è spiritoso né tanto meno dolce, questo libro è una cosa inaspettatamente seria.
La storia comincia come un romanzo qualunque di Banana Yoshimoto, soprattutto degli ultimi anni: una donna quasi quarantenne un po' disadattata tenta di affrontare la vita come può.
Nei romanzi di Banana Yoshimoto, di solito, parlando con la tv per ringraziarla della compagnia e trovando qualcuno come te con cui condividere una certa solitudine sociale o dedicandoti a qualche hobby peculiare con tutte le tue forze, la questione si risolve in modo pacato, quieto e in armonia col mondo.
La ragazza del convenience store, potremmo dire, è un romanzo di Banana Yoshimoto che finisce male.
Keiko ha 37 anni, lavora in un convenience store da 18 (una sorta di piccolo supermercato aperto h24 7/7) e a suo modo è felice così.
Ha capito molto presto che nelle maglie oppressive della società giapponese, dove dire una cosa fuori posto o non sforzarsi di corrispondere a un modello preimpostato è praticamente sacrilego, sarebbe stata una reietta.
Oltre a essere strana, Keiko ha proprio una certa mancanza di empatia e di personalità, non riesce ad avere gusti personali e fa fatica a comprendere i sentimenti altrui.
Tutto quello che vorrebbe è vivere in tranquillità continuando a lavorare secondo i ritmi del konbini dove ormai ha imparato a recitare un ruolo alla perfezione: la commessa perfetta e sempre sorridente.
Intendiamoci, da una parte si intuisce che Keiko sia vessata dalla società, ma da un altro appare evidente che qualche problema ce l'abbia veramente ed è lì che scaturisce il dramma nascosto della vicenda.
Se infatti, in una storia che corre su binari rassicuranti, arrivare a un momento di crisi e rottura vorrebbe dire per la protagonista uscire dal proprio guscio e risorgere a nuova vita, per Keiko non può esistere questa parabola, nonostante gli altri la pretendano ad ogni costo.
Lei ha già compiuto il suo sforzo, con tutti i suoi limiti ha trovato il suo posto nel mondo e lì vuole stare: lavora in un konbini, le piace, vive sola, vuole bene a sua sorella, ha qualche amica anche se più per facciata che per reale affetto.
Tuttavia agli altri non basta, c'è un prezzo sociale che Keiko deve pagare e il fatto che si rifiuti di farlo porta chiunque a imporle una pressione alla quale non è assolutamente in grado di resistere senza esserne danneggiata.
Tutti pretendono che lasci il lavoro al konbini, non adatto a una donna adulta, e si sposi. Il tempo biologico stringe e, se non si riproduce, cosa ne sarà di lei?
La pressione diventa tale da portarla a chiedere a un ex collega, un mezzo criminale la cui idea di rivolta contro il sistema è campare sulle spalle degli altri chiuso in casa, di sposarsi.
Pensa che così, almeno, la pressione sociale sarà minore e, incredibilmente, scopre che è proprio così. A famiglia e amici non importa con chi stia, basta che stia con qualcuno e rientri nei canoni richiesti.
Ma Keiko, oltre a trovarsi un mezzo criminale mantenuto in casa, scopre che non basta e che, dopo quella prima soddisfazione, gli altri chiedono di più.
Pretendono, a questo punto che l'uomo con cui ha deciso di accompagnarsi si migliori seduta stanre, che lei lasci il lavoro, che facciano dei figli.
Come un mostro gigantesco, il mondo pretende un pedaggio sempre maggiore per concedere la propria autorizzazione alle esistenze dei propri abitanti.
Keiko si trova così intrappolata tra desiderio di compiacere gli altri per essere lasciata in pace e la consapevolezza di non poter vivere in altro modo.
In un libro normale il tutto si tradurrebbe in un momento di meravigliosa consapevolezza, ma in questo assume dei contorni vagamente drammatici e rende bene le enormi difficoltà di chi è troppo fragile per sopportare le pressioni che convogliamo ostinatamente verso il prossimo.
Non tutti possiamo rinascere come le fenici, cosa succede a chi non possiede quella forza?
Molto molto molto consigliato.