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COS’È LA NORMALITÀ? – LA RAGAZZA DEL CONVENIENCE STORE, MURATA SAYAKA

Testata: Nessun cancello, nessuna serratura
Data: 10 settembre 2018
URL: https://nessuncancellonessunaserratura.wordpress.com/2018/09/10/cose-la-normalita-la-ragazza-del-convenience-store-murata-sayaka/

Se vi descrivessi una trentenne che vive da sola in un monolocale a Tōkyo e che, da circa 20 anni, è commessa part-time in un konbini, per voi Furukura Keiko risulterebbe normale o strana?

Sicuramente, per la società giapponese Keiko è sempre stato un problema da risolvere. Già da quando, fin da piccola, per fermare un litigio tra due suoi compagni di classe, ha usato una pala per picchiarli in testa; oppure quando, in un parco, alla vista di un uccellino morto, chiede alla mamma se possono mangiarlo, piuttosto che seppellirlo. Dalle facce stranite dei maestri e quelle umiliate dei genitori, Keiko capisce fin da subito che il mondo in cui vive è governato da regole e convenzioni che lei non riesce a comprendere. Da allora, cercherà in tutti i modi di stare in silenzio, di diventare quasi trasparente. Fin quando, a 18 anni, Keiko trova il classico lavoro part-time come commessa in un konbini, i supermarket giapponesi, adibiti un po’ a tutto, aperti 24/24 e 7/7.

E’ l’inizio della guarigione? Keiko si sta finalmente adeguando alle norme giapponesi? Così sembra, all’inizio. Se non fosse che il konbini acquisisce fin da subito un valore diverso per Keiko che, all’interno di quella scatola, con il ritmo di quello strano jingle, trova finalmente un modo per mostrarsi agli altri.

Fino ad allora nessuno mi aveva mai insegnato come rapportami con gli altri, in che modo parlare e quali espressioni facciali assumere per apparire “normale”.

Con un manuale da seguire, persone da imitare, ritmi scanditi dai vari irasshaimase! e i bip della cassa, Keiko sembra una spugna: osserva i comportamenti degli altri, cerca di rapportarli a sé stessa. I meccanismi del suo corpo sembrano finalmente mettersi in moto e al pensiero di iniziare una nuova giornata al konbini, Keiko è felice e appagata.

In quell’istante, per la prima volta nella mia vita, assaporai la sensazione di aver trovato il mio posto nel mondo. Sono nata, finalmente!, pensai entusiasta. Quello fu il primo giorno della mia nuova vita come “normale” componente degli ingranaggi della società.

D’altronde, è chiaro fin dal titolo che Keiko appartiene al konbini, fa parte di esso. Il titolo giapponese コンビニ人間・Konbini ningen è probabilmente ancora più esplicativo. “Ningen” significa “essere umano” e quindi il titolo, letteralmente, sarebbe “Essere umano konbini”. Un senso di appartenenza addirittura superiore da quello conferito dalla preposizione italiana “del”, quasi ad indicare un assorbimento completo di Keiko nel meccanismo del konbini.

A 36 anni, però, non sposata, senza alcun interesse verso l’altro sesso, lavorare ancora in un konbini non sembra più essere la scelta giusta. Le “amiche” glielo ricordano ogni volta, la sorella le inventa scuse, e anche i colleghi di lavoro cominciano ad intuire che qualcosa non va. Ma se Keiko è indipendente e felice, perché dovrebbe abbandonare il suo piccolo microcosmo per adeguarsi agli standard altrui?

Perché avrei dovuto lasciare il part-time da Smile-Mart e procurarmi un lavoro “normale”? Non riuscivo a capire. D’altra parte ero una commessa perfetta perché applicavo alla lettera le istruzioni di un manuale, ma non avevo la più pallida idea di cosa significasse essere una “persona normale” al di fuori del mio konbini, senza niente e nessuno che mi dicesse cosa fare.

Cos’è, allora, la normalità? Leggendo di Keiko, ci sentiamo quasi alieni: crediamo, inizialmente, che la sua vita sia piatta, banale, che così non può continuare. Ma quando i suoi familiari si disperano, quando i suoi amici si commuovono non appena sentono di una possibile relazione con Shiraha (nonostante lui sia davvero un ragazzo disturbato), e quando tutti iniziano a pensare che, allora sì, Keiko sta guarendo, non possiamo fare altro che chiederci: guarire da cosa?

Un’ottica straniante, quella di Murata Sayaka, autrice del libro e anche lei commessa di un konbini, prima di dedicarsi completamente alla scrittura. E’ un capovolgimento dei ruoli potente, una critica spietata agli standard giapponesi raccontata, però, con una scrittura semplice, lineare e leggera. Per raccontare l’alienazione del Giappone che la circonda, Murata non ricorre né alla fantascienza né alla distopia: si limita ad osservare e descrivere quello che la circonda. Il che rende il tutto ancora più potente.

Cosa fare, quindi? Adeguarsi a quello che in Nipponia Nippon è il “copione già scritto” o ribellarsi? Si scoprirà soltanto nell’ultimissima pagina.