Estate, stagione di vacanze, di mare e di divertimenti.
Ma l'estate è anche la stagione della cenere, quella lasciata dietro di sé dagli incendi che devastano le zone verdi, i boschi della macchia mediterranea.
Un incendio può scoppiare per caso, certo. Anche per la sbadataggine di una persona che lancia in una zona boschiva una sigaretta accesa.
Ma molto spesso, gli incendi di cui si sente parlare nelle cronache (in Italia ma anche in Grecia e nella costa occidentale degli Stati Uniti) hanno dietro un'industria: l'industria criminale dei piromani, composta da bassa manovalanza capace di appiccare incendi che distruggano una certa area e non altre; salendo su nella catena alimentare della delinquenza, per arrivare alle mafie, che controllano il business dei roghi per le loro speculazioni edilizie.
Un giro d'affari che oltre a distruggere il nostro patrimonio ambientale, causa decine di morti ogni anno.
Il romanzo di Pasquale Ruju tocca proprio questo argomento: protagonista è il fotografo Franco Zanna, un passato da fotoreporter al nord, con qualche servizio importante.
Era bravo Zanna, quando ancora si chiamava col suo nome vero, Francesco Zannargiu: fino al giorno un cui scattò una foto che non doveva essere scattata, una foto che fece saltare una mazzetta e che aveva dato fastidio ad un boss della 'ndrangheta.
Boss che, per vendetta, minacciò di fare violenza alla sua Carla, l'amore della sua vita, la ragazza di cui si era innamorato appena arrivato a Torino e da cui aveva una figlia, Valentina.
Così, per proteggere Carla, Francesco Zannargiu era scappato da Torino, aveva abbandonato le sue donne e se ne era tornato nella sua terra natale in Sardegna.
Ero fuggito, avevo abbandonato Torino per tornare in Sardegna, nel luogo in cui ero nato. Avevo cambiato nome, lavoro, abitudini. Francesco Livo Zannargiu, reporter sulla cresta dell'onda, era diventato Franco Zanna paparazzo rissoso, alcolista, sempre a caccia di coppie clandestine e vip in vacanza.
Con Carla non riesce più a parlare, da anni ormai. Portandosi dentro un senso di colpa che deve lenire con qualche bevuta, il Nero profondo.
Con Valentina, la figlia, si sente più spesso, in lunghe telefonate dove però rimane in sospeso una domanda
Perché papà?
Perché ci hai abbandonate?
La Domanda, a cui non osavo dare una risposta.
Ora Francesco è diventato Franco Zanna e per vivere scatta qualche foto ai vip che vengono in vacanza in Sardegna che vende ad Irene, la sua agente; come un “cinghiale solitario” isolato nel suo vecchio rifugio per pastori a Porto Sabore, con una stupenda vista sul golfo della Tavolara.
Un gatto senza nome che gli fa compagnia.
Una vecchia Alfa Romeo col motore truccato.
E quando gli incubi del passato tornano a fargli visita, una sbornia nel locale di Cosima, quando ripiomba nel nero.
Ma il destino ha deciso che tutta questa “normalità” deve finire, per Zanna: un incendio arriva a lambire la sua casa, fa appena in tempo a salvare le poche cose importanti (la sua canon, il computer) e mettersi in salvo.
Scampato dall'incendio (e dal muro d'acqua che un canadair gli getta addosso), il vecchio istinto da reporter lo porta a fotografare i resti del fuoco che gli ha quasi distrutto casa:
Qualcosa gridava dentro di me, forse il vecchio istinto del reporter. Dovevo scattare qualche fotografia, immagini che rimanessero nel tempo, che fossero di testimonianza. Prima di tutto per me stesso, per ricordare quel giorno e quanto ero stato vicino alla morte. E poi per i giornali. Era lavoro, comunque. Gli incendi fanno vendere bene in estate. Sono un autentico evergreen. E io mi trovato proprio in prima linea.
Dietro l'incendio non ci sono solo resti di macchia mediterranea bruciata: Zanna si imbatte nel corpo di un uomo ustionato e morente che, prima di perdere conoscenza, ha la forza di dirgli una sola parola “Carine”.
E il nome della figlia, Carine, e la persona ormai agonizzate è un misterioso uomo d'affari belga, De Wilde, legato al progetto del nuovo outlet, dietro l'aeroporto, che avrebbe portato con se posti di lavoro, affari e altre colate di cemento.
Come è morto il belga: mentre la polizia, nelle vesti dell'amico commissario Ventura, indaga, la figlia dell'uomo d'affari non ha dubbi, il padre è stato ucciso.
Era legato, per i suoi affari a pericolosi personaggi, che arrivavano anche ad usare mezzi spicci per prendersi i terreni su cui compiere le loro operazioni immobiliari.
È un problema mio. Una cosa che ho radicata dentro, come molti miei conterranei. Una cosa da maschi della Barbagia. Non ci si tira indietro di fronte ad una sfida, non senza trovarsi una brutta ferita nello spirito, che a volte non si rimargina mai. Lo avevo fatto da giovane, terrorizzato da perdere Carla.
Che fare? Accettare la proposta della ragazza, Carine, poco più grande della figlia, con tutti i rischi del caso? Oppure tornare alla sua vita da paparazzo?
È già scappato una volta Francesco, diventato Franco Zanna, e quella fuga gli è costata cara, perdere la donna che amava e la figlia.
Un'altra fuga, un'altra resa, avrebbero significato precipitare nel Nero. Senza ritorno.
Francesco Zannargiu così fa quello che sa fare veramente e che gli piace fare: cerca di capire chi si nasconda dietro l'affare dell'outlet e chi siano le persone con cui De Wilde era in affari.
Per esempio quell'italiano piccoletto che si muove con tanta disinvoltura sull'isola.
La sua inchiesta lo porta dritto dentro il business della speculazione edilizia: un'industria che usa gli incendi come arma di ricatto per rovinare la concorrenza.
«La legge non consente di costruire su terreni bruciati, anche se hanno la giusta destinazione d'uso. Ma certi speculatori hanno imparato ad aggirarla, o a servirsene contro la concorrenza».«Tuo padre avrebbe dovuto dare fuoco a un terreno?»«No, certo che no. Non di persona. Lo avevano messo in contatto con un altro mediatore, uno più addentro, per così dire, che gli fornì alcuni nomi e numeri di telefono. Gente che avrebbe fatto il lavoro per lui. Doveva solo indicare bene i tempi e i luoghi. Si trattava di lotti edificabili, pagati a caro prezzo ma ancora privi dell'autorizzazione a costruire. Una volta che fosse stata concessa sarebbe stato tutto inutile, avrebbero potuto procedere con i lavori, incendio o non incendio. Dunque se voleva danneggiare quegli imprenditori per favorirne altri, legati all'italiano, doveva individuare il momento giusto. Le poche settimane fra la richiesta di concessione dell'autorizzazione. Settimane in cui quei terreni sarebbero stati vulnerabili, per così dire...»
In forma romanzata, ma nemmeno troppo, si racconta il dietro le quinte della piaga degli incendi, quello che non vediamo e che in pochi raccontano, perché generalmente i media e i politici sono più interessati a cavalcare la prontezza degli interventi in emergenza, piuttosto che un "silenzioso e paziente lavoro di preparazione".
Dietro le fiamme ci sono i finanziamenti per le spese di foraggio degli animali che non possono pascolare, per lo stato di calamità.
Ci sono i soldi per gli appalti per costruire su certi terreni e non su altri, grazie all'intimidazione e il ricatto nei confronti di imprenditori concorrenti o degli agricoltori e degli stessi pastori, a cui viene intimato “Paghi o ti brucio i terreni edificabili”.
Stiamo parlando di una mafia, una mafia bastarda: una mafia che uccide, distrugge l'ambiente, che cresce come un tumore e che non si ferma di fronte a niente.
Ed è questo il mulino a vento contro cui Zanna si trova a cavalcare, come un novello Don Chisciotte:
«Si torna a bruciare. E s'incassa in altri modi. Ora che le droghe leggere sono legali, nella West Coast certe organizzazioni investono nel fuoco. E' uno dei business del nuovo millennio, in costante ascesa. Lo sai cosa ha detto una volta Mannarino?
"La convergenza di interessi, è questo il segreto. Sovvenzioni, assicurazioni, investimenti, posti di lavoro, appalti, percentuali. Convergenza di interessi. Dagli incendi non si butta via niente". E' un'industria, compare. Una fottuta, merdosa, industria!»
Dentro “Stagione di cenere” sono presenti tutti gli ingredienti del noir “mediterraneo”, dall'eroe con qualche macchia e molti errori da farsi perdonare, fino a zu Gonario, il bandito sardo con un suo codice etico e che si dimostrerà meno criminale di molti imprenditori in giacca e cravatta. Ma il maggior pregio è mostrare ai lettori cosa si nasconde dietro le immagini degli incendi e a comprendere tanti perché.