In quanto a coppie male assortite diremmo che va peggio alla bellissima Mehpare Hanim, protagonista di Come la ferita di una spada, primo capitolo del Quartetto ottomano di Ahmet Altan (e/o). Lei è giovane, bellissima e sensuale, ma viene data in moglie al vecchio e bigotto Sheyh Efendi, che finirà talmente straziato dai sensi di colpa che la concupiscenza gli provoca, da ripudiare la moglie attaccandole la fama di strega. Non andrà meglio, ma per motivi opposti, col secondo marito, Hikmet Bey, appena tornato dai suoi studi parigini. Sarà lui a risultare troppo laico e liberale, troppo occidentale, per la bella strega, sotto sotto integralista e tradizionalista. Se pensiamo che è la fine dell’Ottocento, che il glorioso e millenario impero ottomano si avvia alla fine in un crescendo di decrepitezza e di conflitti con le istanze modernizzatrici coglieremo la portata metaforica del romanzo. Ma tranquilli, i personaggi sono “veri”, come vere sono le loro passioni e pulsioni. Altan è un grande scrittore e non tradisce le sue storie per una tesi. Perché lo sappiate: dal 2016 è chiuso in carcere, condannato all’ergastolo con l’accusa, falsa, di aver appoggiato il tentativo di golpe contro Erdogan: avrebbe mandato “messaggi subliminali” per indurre la popolazione alla rivolta.