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Incerti tra peccato e rivoluzione

Autore: Chiara Cruciati
Testata: Il Manifesto
Data: 18 luglio 2018
URL: https://ilmanifesto.it/incerti-tra-peccato-e-rivoluzione/

La passione bruciante dell’amore tra Hikmet Bey e Mehpare Hanim cresce nel peccato commesso, nella trasgressione, nel limite superato; la paura paranoica del sultano nel pugno di ferro; la corruzione dei pascià e il lusso di cui si nutrono in un potere parallelo e destabilizzante. Come la ferita di una spada, di Ahmet Altan (edizioni e/o, pp. 369, euro 18), fa salire sul palcoscenico del declino inesorabile dell’impero ottomano singole vite che ne narrano la lenta fine.

UN ROMANZO STORICO che potrebbe essere letto come un saggio d’attualità: difficile non scorgere nell’affresco ambientato all’inizio del Novecento tra Istanbul, Salonicco e Parigi gli autoritarismi di oggi – o meglio, l’autoritarismo turco di oggi. Come se Altan lo avesse previsto: il libro è andato in stampa dieci anni fa (in Italia lo scorso giugno tradotto da Claudio Ombegari e Paola Ragazzi), ma disegna con precisione il percorso che da un decennio sta compiendo la società turca.

LO STESSO AUTORE, tra i più noti scrittori e giornalisti del paese, a febbraio citò un passo del romanzo in una lettera al New York Times: scritta dietro le sbarre di una prigione turca, in cui è rinchiuso da quasi due anni, è stata pubblicata pochi giorni dopo la condanna all’ergastolo aggravato comminata da una corte di Istanbul, con l’accusa di aver istigato al golpe con un’apparizione tv.

«Improvvisamente ho ricordato un passaggio del mio romanzo Come la ferita di una spada – scrive Altan dopo la condanna – Uno dei miei personaggi è agli arresti e sta aspettando in una stanza il verdetto. Di lui ho scritto: ‘Il lasso di tempo che trascorreva tra il momento in cui la sorte mutava e quello in cui la persona interessata se ne rendeva conto pareva a Osman l’attimo più tragico e raccapricciante nella vita di un uomo. Il futuro si rivelava dopo essersi occultato in un’oscurità infinita che si stendeva di fronte a una persona e all’interno della quale non si potevano distinguere gli aspetti celati, ma un uomo, senza rendersi conto del futuro che si profilava per lui, se ne aspettava uno diverso, con altre speranze e altri sogni; l’inconsapevolezza disperante insita in quell’attesa secondo Osman era la più grande debolezza del genere umano».

È il passo che racconta l’arresto del maresciallo pazzo, Fuat Pascià, amatissimo dal popolo e rispettato dal sultano ma cacciato in esilio per soddisfare le mire dei pascià avversari. Solo uno dei tanti personaggi le cui vite si intrecciano nel libro, nessuno esente da colpa ma tutti meritevoli di assoluzione perché tragici spettatori e al contempo fautori della scomparsa inarrestabile della Sublime Porta e dell’avanzata del movimento dei Giovani Turchi che fonderanno la Turchia moderna.

Sullo sfondo di amori, tradimenti, fedeltà e odi, religione e laicismo, lusso e povertà, carrozze sontuose e sobborghi miseri, Altan racconta un mondo parallelo all’attuale, come cento anni non fossero trascorsi: la rivoluzione latente, la repressione, la manipolazione del popolo e le grandi passioni politiche. Fino al crollo, appena accennato negli ultimi capitoli, dell’impero. Un romanzo appassionante, un racconto i cui fili sono tirati dal narratore esterno, il pronipote dei protagonisti a cui gli avi defunti fanno visita per giustificare le proprie azioni e per narrare il loro punto di vista.

L’EFFETTO È QUELLO di una narrazione multipla, che specchia le ragioni dell’uno in quelle dell’altro, che giudica e assolve la galassia di sentimenti, umanissimi. La ricerca del peccato di Mehpare Hanim, la voglia borghese di rivoluzione di suo marito Hikmet Bey, l’incapacità del santone Sheikh Yusuf Effendi di liberarsi dalla colpa, la libertà come stile di vita della principessa Mihrisah Sultan, la devozione totalizzante di Ragip Bey sono i lati di un prisma che riflette un impero lungo sei secoli e destinato al collasso, al ripiegamento su se stesso e sotto i colpi dei nascenti sentimenti rivoluzionari.

La potenza del romanzo sta nella voce data ai singoli, insignificanti vite di fronte alla grandezza della Storia ma di cui diventano protagonisti assoluti, e nell’affresco della Istanbul di un secolo fa, delle sue strade, i suoi odori, la sua quotidianità.