Michel Dèon è uno dei più grandi rimossi della storia della letteratura. Pony selvaggi (510 pagine, 19 euro), primo romanzo dello scrittore, arriva con la promessa delle Edizioni E/O di pubblicare tutti i romanzi dell'autore, in larga parte inedito in Italia. I pony selvaggi del titolo compaiono per la prima volta in una missiva di Georges Saval all'amico narratore che sta scrivendo un libro su cinque amici che si erano incontrati nel 1938 a Cambridge. George, Barry e Horace detto Ho e Cyril: sono loro i pony selvaggi. Georges vede i pony dalla finestra di una locanda nella New Forest e lo incantano. Galoppano nell'alba argentata e scompaiono nella foresta. «Sono i primi pony selvaggi che vedo in vita mia e forse anche gli ultimi. Stiamo andando verso un mondo in cui ci saranno sempre meno pony selvaggi», riflette ad alta voce Georges rivolgendosi alla donna che giace a letto al suo fianco. «Non è un buon motivo per morire» è la risposta tombale della donna. George morirà davvero, è la guerra baby.
La guerra attraversa tutto il testo, quella vera dove Cyril perde la vita, e quella che si combatte nel cuore delle persone: i conflitti interiori di Georges e di Sarah che ha conosciuto quando era una bambina ebrea rifugiata in Inghilterra, fino all'adesione totale al capitalismo di Anna Ivanovna, ex bolscevica moglie di Ho. Pony selvaggi ha una trama pirotecnica che va dagli anni '30 agli anin '70, dall'Inghilterra alla Francia, Italia e Grecia, Yemen e Russia, Algeria e Israele. I conflitti, dentro e fuori non mancano, dal furto del ritratto di giovane donna del Bronzino da una parte degli Uffizi, a racconti di controspionaggio degni di John Le Carré con Ho arrestato al confine russo con la moglie.
Déon spezza la narrativa con lettere del professore o di Georges o di uno degli altri amici, come i protagonisti delle Relazioni pericolose, ma aggiornato alle distopie del secondo dopoguerra mondiale non molto diverse da quelle di oggi, con il gran pregio di un linguaggio fluido e ricco di parole, anche troppo sovrabbondante, rapace e velocissimo, pieno di colori, una vera commedia umana alla Balzac. Ha il gergo agglutinante del genio. Déon, morto gli ultimi giorni del 2016 in Irlanda, non può essere sepolto a Parigi. Un vero pasticciaccio burocratico secondo la sindaca parigina Anne Hidalgo. Se oggi la donchisciottesca salma di Déon fa spavento perché il suo inquilino non ha mai avuto paura di raccontare le miserie della storia di oggi e lo fa attraverso il filtro della leggenda degli anni oscuri del secolo breve, nei quali era ancora concesso sognare.