L’approdo del fantasy nel catalogo di una casa editrice come Edizioni E/O non può che suscitare curiosità. Non perchè il fantasy sia una un genere minore, anzi. Su queste pagine non abbiamo mai fatto distinzioni qualitative aprioristiche e grazie al lavoro di ricerca e promozione della nostra Elisa, fantasy, sci-fi e più in generale la cosiddetta letteratura di genere hanno sempre goduto di largo spazio ed elevata considerazione da queste parti.
Il motivo della curiotà quindi è da ricercarsi altrove, ovvero nel primo sbarco di E/O nel territorio del fantastico, finora inesplorato dal ben nutrito catalogo della casa editrice. Un decisione che incuriosisce, sì, ma in fondo non sorprende. Da sempre l’apertura è la principale linea guida di E/O, il cui nome non è altro che l’abbreviazione di Est/Ovest, un manifesto programmatico condensato in due sole lettere che stanno a significare la volontà di contribuire alla diffusione della letteratura al di là di ogni confine fisico e politico. Se l’apertura finora è stata al mondo, Fidanzati dell’inverno segna invece l’apertura a un nuovo genere, episodio forse destinato a non rimanere un caso isolato.
La decisione si deve a un colpo di fulmine scoccato per il primo capitolo della saga de L’attraversaspecchi, caso letterario in Francia premiato con il Prix du Premier Roman Jeunesse Gallimard-RTL-Télérama e il Grand Prix de l’Imaginaire, nonché bestseller da centinaia di migliaia di copie. L’autrice di questo successo, giunto in Francia al terzo capitolo in attesa del quarto e conclusivo volume, è Christelle Dabos, scrittrice arrivata a sugli scaffali delle librerie dopo essersi fatta le ossa su internet scrivendo e condividendo fan-fiction.
Se quello di Edizioni E/O è stato una sorta di esperimento per capire se il suo lettore tipo possa essere attratto dalla letteratura fantastica, il singolo campione empirico rappresentato da me medesimo può rassicurare la casa editrice. Con alle spalle un’esperienza nel fantasy limitata la solo Tolkien e una toccata e fuga nello young adult, sotto-genere a cui si può ascrivere Fidanzati dell’Inverno, iniziata e conclusa con Harry Potter & la pietra filosofale – lo so, avete ragione, ma era un brutto momento, recupererò, promesso – la manciata di giorni in cui mi sono letteralmente bevuto il primo capitolo dell’Attraversaspecchi è un segnale parecchio incoraggiante.
Pur da profano è abbastanza facile notare come Christelle Dabos abbia utilizzato tutti gli elementi più tipici del genere, dalla protagonista underdog al contesto magico, riuscendo comunque nell’obiettivo di rendere le vicende di Ofelia avvincenti e mai del tutto scontate. Un simile risultato è ottenuto grazie a una rilettura a tratti davvero molto riuscita delle componenti immancabili, un universo narrativo intrigante e ben plasmato, oltre a un’indiscutibile abilità dell’autrice nel suscitare curiosità verso gli eventi imminenti.
Le vicende della maldestra Ofelia e del suo matrimonio combinato si arricchiscono di dettagli pagina dopo pagina e mentre l’obiettivo si allarga l’intreccio si rivela ben più complesso e sfaccettato di quanto prospettato inizialmente. L’accumulo di strati di significato procede di pari passo col disvelamento del mondo in cui sono ambientate le vicende dell’Attraversaspecchi, probabilmente la componente più interessante del romanzo, ma anche il meccanismo attraverso cui la Dabos ha saputo re-interpretare elementi altrimenti stra-abusati.
C’è stato un tempo in cui la Terra era ancora unita e salda, poi un cataclisma non meglio descritto ha mandato il frantumi il pianeta. L’umanità è ora sparsa sui frammenti più grandi, chiamati appunto arche e collegati tra loro dalle rotte di lenti dirigibili. All’inizio del romanzo, Ofelia è una curatrice museale su un’arca chiamata Anima. Ofelia è una lettrice, ovvero è in grado di percepire il passato degli oggetti con un semplice tocco. Non solo, è una delle lettrici più talentuose della sua stirpe, il che la rende perfetta per il suo lavoro.
Lo sparpagliamento dell’umanità tra le arche ne ha acuito le differenze. Ciascuna arca è guidata da uno Spirito della famiglia, uomini o donne antichissimi, la cui nascita risale alla formazione delle arche, che influenzano la vita politica e culturale dei loro discendenti. Private del contatto diretto, se non attraverso i lunghi viaggi attraverso il cielo, le casate del mondo de I fidanzati dell’inverno hanno sviluppato usi e costumi parecchio differenti. Mentre su Anima, l’arca di provenienza di Ofelia, vige un rapporto paritario tra tutti gli abitanti, che condividono in misura diversa un diffuso amore per la cultura, le cose sono parecchio diverse al Polo, sull’arca dove vive il suo fidanzato designato Thorn.
Costretta a trasferirsi per soddisfare il volere degli Spiriti di famiglia delle due arche che hanno acconsentito al matrimonio, Ofelia si trova di colpo immersa in una realtà a cui è del tutto estranea, a partire dal concetto di servitù. Anche a causa delle temperature rigide che le tormentano, le genti del Polo sono più fredde, pragmatiche e soprattutto portate alla violenza, un aspetto quasi inesistente su Anima. La presenza di tre differenti famiglie poi, ciascuna dotata di differenti poteri magici, rende il Polo un luogo di illusioni, intrighi, complotti e giochi di potere, in cui Ofelia scoprirà ben presto di essere stata trascinata per motivi molto diversi da quelli che suppone.
L’intrigo socio-politico che si svela nella seconda parte del romanzo è sorretto in maniera funzionale dal ruolo giocato dalla magia nel mondo partorito dalla fantasia di Dabos. Lontana dall’essere solo un orpello, o un comodo deus ex machina da sfoderare per risolvere situazioni all’apparenza senza uscita, l’arte magica padroneggiata dai diversi personaggi serve a definirli singolarmente, ma anche come gruppi sociali. Ofelia ad esempio deve i suoi modi goffi e incerti a un incidente magico occorso in tenera età che ha prodotto conseguenze fisiche, mentre l’ambiguità morale che caratterizza gli uomini e le donne del Polo non può non discendere dai loro poteri, tutti legati a diverse forme di condizionamento mentale.
Sarebbe stato facile, ad esempio, sfruttare l’altro potere di Ofelia, la capacità di muoversi attraverso gli specchi, alla stregua di un comodo strumento per toglierla dai guai. Invece Ofelia deve rimboccarsi le maniche e trovare da sola la propria strada in un ambiente che le è apertamente ostile e che solo per convenienza non ha ancora provato a divorarla apertamente. Il passaggio tra gli specchi diviene invece uno dettaglio che la Dabos usa a un certo per caratterizzare la fredda e distaccata storia d’amore imposto tra Ofelia e Thorn, una metaforica apertura in una relazione che fino al quel momento si era giocata solo sulle chiusure.
Il target di riferimento è sempre quello adolescenziale e lo si intuisce anche dalla lingua asciutta utilizzata che la traduzione italiana di Alberto Bracci Testasecca rende bene anche nel lavoro di ricerca lessicale ce la caratterizza, ma ciò non impedisce all’autrice di imbastire un intrigo dalle sfaccettature adulte. Anzi, poiché le vicende sono raccontate dal punto di vista tutto sommato ingenuo e benevolo di Ofelia, i momenti in cui emergono la violenza o le pulsioni dei protagonisti risultano ancora più forti e significativi. Christelle Dabos poi è brava a mischiare le carte in tavola nel giro di ogni manciata di pagine e a ribaltare convinzioni che aveva lentamente portato il lettore ad abbracciare dosando segnali contrastanti.
Al netto di qualche ingenuità, su tutte una scena finale con i personaggi immersi in quello che appare un po’ uno spiegone e un certo sbilanciamento nell’approfondimento dei personaggi, il merito principale de I fidanzati dell’inverno è quello trascinare il lettore tra le pagine che scorrono veloci una dietro l’altra grazie all’abilità con cui la Dabos riesce a instillare una goccia di curiosità anche nei momenti all’apparenza più piatti. Nell’aria inoltre c’è già un immancambile adattamento cinematografico e il materiale di partenza furbescamente sembra prestarsi particolarmente bene a questo scopo, in particolare la seconda parte del romanzo ambientata nella tenuta dell’Ambasciatore, personaggio che sarebbe praticamente cucito addosso nella sua versione stramba.
Se la curiosità per il secondo volume sorta in un burbero e cinico come il sottoscritto può essere un buon indicatore di successo, la scommessa sul fantastico di E/O ha decisamente buone probabilità di successo.