Che bello ritrovare Eric-Emmanuel Schmitt, narratore di razza, che ad ogni libro ripropone il suo stile originalissimo, i suoi colpi di scena nelle ultimissime pagine, la sua satira sferzante ad una società i cui vizi e virtù mostra di conoscere in profondità, in un nuovo romanzo La vendetta del perdono. Questo volume raccoglie quattro racconti lunghi, piccoli romanzi direi, con storie ben costruite e personaggi delineati in modo magistrale, di quelli che rimangono impressi nella fantasia di chi legge.
Nel primo racconto, Le sorelle Barbarin, si analizza il rapporto di amore/odio/gelosia/rivalità/aggressività che caratterizza la relazione tra due sorelle gemelle. Nascono e vivono in un villaggio che sembra un eden, Saint Sorlin, pieno di fiori, di profumi, di rigogliosa vegetazione. Il narratore ne segue l’evoluzione, dall’infanzia fino alla vecchiaia. Non racconto come andrà a finire la storia difficile tra le due, Lily e Mosette, una vera sorpresa che lo scrittore sa confezionare con ironia e un po’ di cattiveria, e che lascerà stupefatti i lettori.
Il secondo racconto lungo, Madamina Butterfly, ci accompagna in uno sperduto villaggio in Savoia, dove il giovane protagonista, William Golden, trascorre con gli amici alla vigilia dell’esame di maturità un periodo di vacanza. In quell’estate il ragazzo incontra una bella e prosperosa contadinotta, ingenua ed ignorante, naturalmente sensuale e provocante, e per una scommessa sconsiderata con i compagni accetta di sedurla. La ragazza invece si innamorerà di lui perdutamente, speranzosa che lui ritorni da Parigi, dove studia e vive, perché nel frattempo lei era rimasta incinta. William non vuole il figlio, e torna da Mandine con una busta di denaro per pagare l’aborto; la ragazza invece partorirà un maschio, di cui William avrà notizia ma di cui non vuole accettare l’esistenza.
Ma……la vita propone eventi inattesi, e allora la storia si complica con molti colpi di scena: racconto scritto in modo magistrale, così come il terzo, che dà il titolo al libro, La vendetta del perdono.
Un serial killer autore di innumerevoli delitti a sfondo sessuale annovera tra le sue giovani vittime Laure; ora è rinchiuso in un penitenziario condannato all’ergastolo, non è pentito, ostenta durezza e brutalità. La madre di Laure, Elise Maurinier, ha deciso che vuole redimere l’assassino di sua figlia, anzi lo vuole perdonare, e per far questo lascia la tranquillità delle vita parigina per trasferirsi nel paesino di Ensisheim, dove affitta un monolocale vicinissimo al penitenziario dove è rinchiuso Sam. Sola e depressa, Elise nota un gatto che si affaccia alla sua portafinestra, ma fugge appena lei si avvicina.
Schmitt costruisce una simmetria tra il comportamento del micio e quello di Sam, l’assassino stupratore, che nei colloqui difficili con la donna tende ad identificarsi con una tigre, un felino predatore. Anche qui finale a sorpresa, inatteso ed intelligente. In fine la quarta storia, quella del rapporto tra un aviatore novantenne, Werner von Breslau, la piccola vicina di casa di appena otto anni ma assolutamente precoce e geniale, Daphne, e il libro di Saint Exupéry che la ragazzina adora, Il piccolo Principe. Daphne esordice dicendo a Werner “Disegnami un aereo”.
Il vecchio combattente, pilota della Luftwaffe, aveva servito la Germania sotto Hitler, ma non aveva aderito al nazismo: uccideva i nemici perché era suo dovere di patriota, ma Daphne riuscirà a farlo ricredere sul suo passato e a fare rivivere in modo del tutto diverso quella difficile stagione della sua vita.
Leggete questo bel libro, tradotto da Alberto Bracci Testasecca che lo rende in un italiano agile e scorrevole, pur se alcune pagine del libro, piene di figure retoriche, simboli, metafore, anafore, similitudini, propongono dilemmi morali complessi, argomenti scabrosi, temi etici che impongono riflessioni profonde. Belle le numerose descrizioni della natura, fortemente allusive degli stati d’animo dei personaggi, “Sotto un cielo e ingenuo una congiura di rose invadeva i muri, rose rosa paffute, sbocciate, più mature di un frutto maturo, vibranti, rigogliose, , con petali carnosi che invitavano alla carezza o al bacio…; un ritratto di Parigi costruito in modo inconsueto e visto con occhi diversi….”
Amava Parigi e il suo cielo senza stelle popolato da lampioni. Amava Parigi di notte, quando la si percepisce più col naso , le orecchie e la pelle che con gli occhi. Amava Parigi umida lungo la Senna e secca tra le facciate antiche, Parigi surriscaldata dai vapori della metro che emetteva il proprio alito fuligginoso dalle griglie della strada, Parigi putrida accanto agli alti bidoni dell’immondizia, Parigi rumorosa, confusionaria rombante, dinamica, chiassosa. Il “Maestro del racconto” non delude mai i suoi ammiratori.