È la notte di San Nicola e da una casa del centro storico di Bari emerge il corpo martoriato di una donna: comincia da qui il nuovo romanzo di Giorgia Lepore, dal titolo Il compimento è la pioggia (e/o, pagg. 224, euro 16,50). La scrittrice di Martina Franca che ne gli ultimi anni ha scritto nuove e impeccabili pagine di noir - l'ultimo suo libro è il pluripremiato Angelo che sei il mio custode - ci trasporta ancora un una storia terribile d'infanzia che questa volta prende le mosse dal contrasto con la festa nicolaiana di una Bari invasa da lacrime di pioggia. Guarda caso, due autori diversi, Giorgia Lepore e Carlo Mazza hanno scelto una Bari festosa per ambientare le loro trame thriller: cerchiamo di capire perché.
Giorgia Lepore, da dove nasce l'idea di ambientare l'assassinio nella festa di San Nicola?
«Bari vecchia mi è rimasta nel cuore e negli occhi dai tempi in cui lavoravo nel dipartimento di Studi Classici e Cristiani, a Santa Teresa dei Maschi. Facevo la stessa strada che fa nel romanzo l'ispettore Gerri per andare in questura. Ricordo che curiosavo nei vicoli e nelle case. Era facile: il limite tra spazio interno e spazio esterno è molto diluito, la gente sta fuori, le porte sono aperte. Oltre alla bellezza urbana e architettonica, mi è rimasta impressa la bellezza umana di quelle strade. E quindi forse ho scritto questa storia perché quella città che io ho conosciuto, in quella dimensione... mi manca molto, e ora non posso tornarci se non in momenti sporadici. Quanto alla scelta del 6 dicembre, mi affascina la dimensione della festa, perché ancora di più lo spazio diventa "totale"; e poi quelle feste così compresse, vicine tra loro, antiche e pagane, mi fanno pensare a una ritualità che non è perduta ma solo trasformata. La dimensione della festa, inoltre, amplifica il dolore, la disperazione, la solitudine, e la contraddizione tra quello che la famiglia dovrebbe essere, almeno nel nostro immaginario, e quello che invece spesso purtroppo è: un luogo di non accoglienza.
Le donne e i bambini sono al centro del romanzo: infanzia violata, vittime, ma anche ispettrici come Sara. La figura femminile e il noir «», come vede questo rapporto?
«Il noir ha sicuramente una vocazione sociale, anche se per me non è l'unica, e si pone accanto ad altre direzioni possibili. È una vocazione potrei dire naturale, perché va a indagare il male, e il male è sì un fatto privato, ma anche e soprattutto sociale, perché intacca e interessa le relazioni, a ogni livello. LA famiglia, il nucleo sociale deputato alla protezione dei bambini, è un luogo appunto di relazioni, così come lo è la coppia, altro nucleo sociale, in cui la violenza diventa degenerazione della relazione. È un tema con cui siamo costretti a fare i conti ogni giorno, nostro malgrado, perché quella violenza entra nelle nostre case e nelle nostre vite, la assorbiamo passivamente come spettatori. Così, i luoghi in cui dovremmo essere al sicuro diventano di potenziale pericolo, le cose più belle della vita, come l'amore, diventano oscure e ambivalenti. Ecco, credo che tutto questo crei negli individui un'angoscia profonda, a cui siamo inevitabilmente sempre più esposti, e il noir diventa una sorta di esorcismo di questa angoscia. Un esorcismo collettivo, quasi».
Nel suo libro c'è un riferimento continuo al mondo - crudele e fantastico - delle fiabe, da Peter Pan a Pollicino, Hansel e Gretel. E non è solo perché si parla di infanzia... Cosa le suggerisce il mondo delle fiabe?
«Le fiabe sono la mia prima formazione letteraria. Anzi, direi che sono la mia prima formazione in assoluto, mi sono nutrita di fiabe per anni, e ancora me le porto dentro: le ricordo tutte, ricordo le storie, ma anche i libri, le pagine, le copertine. Ho consumato quei libri a forza di leggerli. Credo sia stato naturale fare riferimento a esse parlando di bambini, e ho usato quelle che ho amato di più (ma me ne sono accorta solo dopo la pubblicazione). Nelle fiabe c'è tutto quello che ci serve sapere, in fondo, e tutta la letteratura non è altro che il racconto di quelle stesse cose in altre forme, come accade per il mito, per l'epica. Sono gli archetipi, infatti nel libro ho ragionato molto per archetipi come assi portanti della storia: non solo le fiabe, ma anche i miti dell'infanzia antichi e moderni. Babbo Natale, Hello Kitty, i fantasmi, Charlie Brown. (...)